Devo raccontarvi del ristorante di ieri. Premetto che non sono attaccato ai soldi, quando vado in vacanza mi permetto il lusso di vivere decentemente, d’altronde non ho speso altro se non per i servizi essenziali e la crocierina. Devo pure dire non ho mai sentito l’esigenza di entrare in un negozio.
Dicevo di ieri: ristorante del centro, dietro il parlamento, carino. Un luogo accogliente, caldo, che ti fa vivere l’atmosfera di certe sere faroese, mi sembrava di essere nel racconto “Le notti bianche” di Dostoevskij.
Nel menu non uno straccio di prezzo, ma poi non si capiva niente. Dovevo allarmarmi quando ho letto la parola TAPAS ma essendo alle Faroe la releghi subito in un angolino remoto del cervello.
Quello che ho mangiato ieri sono state delle miniporzioni, appunto delle tapas, di salmone larghi tre per tre cm. e due, diconsi due, crocchette di patate, ma non ero sicuro perché dentro erano marroni ed avevano un sapore dolciastro. Ah, per finire la mousse di cioccolato grande quanto la cacchina tonda di una pecora.
Per la modica cifra di 395 corone, che fanno quasi 50 euro. Stica! Alla faccia e se mi avessi preso il salmone intero quanto avrei speso? Ecco, una gran delusione il mangiare. Certo, tutto buono, ma poi? Per cosa? Per vedere il piatto desolatamente vuoto, che a momenti non lo sporchi neanche?
Per quanto riguarda l’ultima giornata effettiva qui alle Faroe, domani è solo viaggio, è stata un po’ oziosa. Ovviamente sono partito carico di intenzioni che si sono smontate tutte. La prima era la cattedrale di Torshavn, intravista ieri sera ma c’era una funzione religiosa. Volevo vedere bene il soffitto azzurro molto caratteristico. Purtroppo, era chiusa. Fuori un cielo sereno, bello, promettente chissà cosa, non faccio in tempo ad arrivare al molo dove avevo lasciato l’auto che ha iniziato a piovere a dirotto.
Con la sfilza di imprecazioni a fior di labbra, mi sono portato a Vagar per l’ultima meta che mi era rimasta. Avevo pensato di camminare fino al faro della punta nordoccidentale dell’isola ma non c’è stato verso.
Lasciata l’auto nel giardino di una casa dove presumevo ci fosse il sentiero, ho chiesto a un ragazzotto sovrappeso, rubizio in volto con cagnolino a seguito, il quale mi guarda in silenzio, dove fosse il faro.
Io tutto bello pimpante, pensando avesse bisogno urgente di un flacone di Aloperidolo, stavo per dirgli: ”su, su, forza, non è una domanda difficile. Lighthouse, patway to lighthouse. Puoi rispondermi anche in faroese, tanto lo capisco!”.
Ho aspettato che il suo episodio di assenza passasse. Dalla sua voce gutturale è uscito un suono che si è dileguato verso la mano alzata verso un punto impreciso: “lighthouse, patway, narrow, wall”. Potevi sforzarti di formulare una frase, ho pensato tra me e me! L’ho lasciato alla sua sindrome di Asperger (gli avrei consigliato di farsi un giro al caldo, nel mediterraneo ad esempio) e al cane.
Come scritto in FB, dopo aver guadato un fiumiciattolo, zampettando come un’antilope sui sassi emersi (non ci credete, vista la mia stazza?), dopo aver scavalcato alcune staccionate, dopo aver rischiato di rompermi le caviglie, a momenti mi mettevo pure a brucare l’erba, ho detto no. L’ho ripetuto ad alta voce caso mai qualcuno non mi avesse sentito. Sicuramente qualche pecora sì. Mi sembrava di essere la Bertè nella canzone “Questa sera non ti dico NO”. Ecco, io invece ho detto proprio di No.
Con moto di orgoglio faccio dietrofront e ritorno all’auto. Per non farmi mancare nulla in quel quarto d’ora di percorso minato mi sono preso lo sciacquone. E questa volta le imprecazioni non sono rimaste a fior di labbra. Anzi!!!!
Così mi dedico ad attività innocue, tra cui una passeggiatina lunga ma molto easy sul bordo del fiordo. Mi sono posizionato nella caletta di sabbia nera come una balena spiaggiata. E ho cercato di scaldarmi con quei pochi raggi di sole che c’erano. Per il resto si congelava, l’acqua del fiordo era assolutamente ghiacciata. Mi sono anche dedicato ad altre attività, piccole camminate ma tutte sotto controllo. Non volevo più fare il Mc Giver della situazione, e se di Giver doveva trattarsi, era solo l’agenzia viaggi che ha organizzato la vacanza. Mi sono incontrato con alcune pecore, immortalate in posizione alquanto pecoreccia. ‘Ste porche, anzi, ‘ste pecore!
Temevo tanto anch’io di soffrire della sindrome di Asperger ma dal momento che le pecore non mi degnavano nemmeno di uno sguardo non mi sono preoccupato più di tanto.
C’era la bassa marea, il mare però stava rientrando lentamente nel suo alveo naturale coprendo completamente di nuovo il fiordo, nel frattempo osservavo i gabbiani in attesa che finissero di pasturare sulla battigia libera piena di humus.
Sulla strada verso l’albergo, ho trovato il Bennet faroese e l’ho razziato di porcate. No, a dire il vero ho preso un dolcetto alla cannella e due barrette di cioccolato. Dopo tutto lo sforzo…
E niente, ultima notte in albergo, accanto alla pista dell’aeroporto, anzi proprio attaccato ma per fortuna non siamo al LAX per cui posso dormire tranquillo.