Sorpresa: siamo andati a Santorini. Non abbiamo sbagliato isola. Abbiamo deciso proprio così! Mater voleva andarci, incalzata soprattutto dalle sue amiche e da sua sorella. Le hanno talmente così rotto le scatole che doveva per forza vederla, altrimenti non so cosa sarebbe successo: le avrebbero tolto il saluto, oppure dichiarato la guerra come quella tra i Roses, innalzato la cortina di ferro a Camerlata. Se glielo avessi proposto io sicuramente non avrebbe mai accettato. Ne sono strasicuro.

Alzataccia all’alba, alle 6, colazione fuori orario ma essendo ospiti paganti, ci hanno concesso il privilegio di farcela fare nonostante il ristorante chiuso. L’autobus ci avrebbe dovuto prendere alle 7 ma è passato mezz’ora più tardi, lasciandoci al freddo e al gelo davanti alla pensilina del bus.

L’aliscafo era lì a ad aspettarci nel porto di Heraklion, il Limassol, battente bandiera di Cipro. Misteri! Un veloce controllo del green pass da parte di un signore con il giubbotto della Roma e via all’interno del pancione dell’immenso aliscafo. Alzati i portelloni, siamo partiti a tutta velocità.

Non ho fatto in tempo a fare le fotografie nel porto che eravamo già in mezzo al mare. Dire che ci fossero almeno 2.000 persone su quella barca era riduttivo. L’Heraklion-Santorini-Paros-Naxos-Myconos-Syros (non so se ho dimenticato qualche isola) è qualcosa da world guiness of the world, grazie alla velocità portentosa dei vascelli. Almeno così dicono sul sito.

Alle 10, in effetti, eravamo nella caldera, pronti a sbarcare. Tutti assieme a premere sui portelloni. Roba che neanche nei peggiori incubi pre-covid potevi immaginare. Tutti a Santorini. Letteralmente.

E via al tour su uno dei bus a disposizione, veloci, senza perdere tempo. Ho rivisto questa isola, devo dire con molte più case, molto meno verde, bruciata e secca.

Siamo arrivati a OIA, un’ora e quaranta minuti concessi per visitare il centro. In realtà il tempo era pochissimo. Certo, c’era solo la via principale, quella lastricata di marmo, ma anche qui dovevi sgomitare, dovevi farti largo. C’era una muraglia di gente. Adesso con questa moda del selfie perfetto, mica ci si accontenta di un sorriso. No, la posa deve essere plastica, le gambe accavallate, le labbra da porca, gli occhiali da sole d’ordinanza. Ci vogliono almeno quei cinque minuti per un selfie perfetto. Aaaaaaaargh, che rabbia e tutti uguali. Un must. Della bellezza di Santorini frega una cippa, l’importante è il selfie. Nei punti più strategici e stretti, c’erano di quegli assembramenti…

Mater è rimasta lontana dai negozi. I prezzi la scoraggiavano. Per fortuna. Altrimenti non saremmo riusciti ad arrivare in tempo. Percorsa per l’intera lunghezza la via principale, era già tempo di salire sul bus.

Altra sosta: Thira. Ovviamente se vedi prima Oia (turisticissima quanto vuoi ma ha un fascino incredibile), il capoluogo ti sembra slavato, bruttino, disordinato. In compenso ci sono i muli, che sono riusciti a strappare i sorrisi a Mater. Finalmente poteva dire alle sue amiche di averli visti.

Abbiamo consumato il solito pranzo al sacco su dei gradinetti della via principale all’ombra. Il toast bianco e integrale. Le fette di torta spugnosa al cioccolato e le banane che erano marce. Nelle rimanenti due ore, abbiamo percorso, anche qui, la via principale, fino alla chiesa cattolica della Madonna Concezione.

Alle 16.30 tutti al porto, ma proprio tutti. Il mondo intero, ma che dico!, l’universo, la bolgia infernale che trenta secondi prima era assente, in un attimo si è materializzata sul piazzale. Assembrati, sotto il sole cocente, una calca vociante, una scena apocalittica. All’unisono aspettava il traghetto. Per fortuna che non ce ne è coviddi. Appena arrivato l’aliscafo, la massa informe si è riversata nel pancione della nave, senza controllo dei biglietti, del pass vaccinale. Niente di niente. In cinque minuti contati eravamo già pronti per partire. Sono scappato subito sul ponte perché non riuscivo a sopportare tutta quella gente e ho fatto il tragitto su una panchinetta, esposto al vento, al sole ma ho potuto godere dell’azzurro, del cielo e del mare che hanno reso la famosa la Grecia.