Ancora oggi tempo brutto, ma non ha piovuto. Almeno quello. Oggi si vedevano le nuvole ma sembravano innocue. Poco vento, e clima fresco per tutto il giorno. Ci siamo alzati alla solita ora. Colazione così così.
Poi abbiamo preso la linea rossa e siamo scesi alla fermata Dubai Internet City. Ieri ho indagato su alcuni posti dove fare il test PCR per il ritorno. A dire il vero tutti che dicevano una cosa diversa. La farmacia, quella accanto all’albergo, mi ha dato il nome di due cliniche private nei paraggi. Ho cercato di prendere appuntamento ma i miei appelli internauti sono caduti nel vuoto. L’altra farmacia, quella vicino alla fermata del metro, mi ha detto che non poteva garantire ma avrebbe potuto farli: peccato non avesse tamponi. Il receptionist dell’albergo invece mi ha proposto il Saudi German Hospital, sulla cui homepage si parlava proprio di PCR, ma non si poteva prenotare.
Così stamattina ci siamo attrezzati per andare all’ospedale cruccosaudita, ma dopo aver vagheggiato per il quartiere, con il rischio di dover attraversare la statale di 10 corsie per senso di marcia senza correre il rischio di essere arrotati, un signore molto gentile e disponibile, ci ha assicurato che l’ospedale non prestava questo servizio almeno non in questi giorni e l’unica cosa da fare era andare all’health center di un altro ospedale vicino al Dubai Mall. Lì, me lo avrebbero fatto senza appuntamento e senza aspettare, che ti avrebbero dato l’esito subito. Ok, mi sono fidato delle sue parole. Era così gentile e non so, in qualche modo mi ha tranquillizzato. Il 7 gennaio, lo so, che sarà una caccia al tesoro per il test PCR perduto.
Mestamente me ne sono tornato alla metropolitana, percorrendo gli interminabili skywalk, e mi sono portato all’Expo per la seconda giornata. Abbiamo cercato invano di farci rimborsare il biglietto, visto che Mater non avrebbe dovuto pagare, considerata la sua età. In compenso le hanno dato un biglietto gratuito con la possibilità di saltare tutte le code in modo ufficiale senza suscitare compassione. Evvai.
Appena giunti alla piazza principale, ci siamo portati al caramellone della Russia, davvero una grande caramella multicolorata. Il padiglione era veramente spettacolare. Con oggi, davvero ci siamo visti lo spettacolo di Expo, proprio con gli effetti speciali di cui ti immaginavi. La Russia ha parlato del cervello e ci ha propinato nel filmato stellare un corso accelerato di elettrofisiologia clinica neurologica. C’era un’inquietante sagoma del cervello al centro della cupola… e degli spermatozoi che si illuminavano al passaggio.
Poi abbiamo preso la buggy car e ci siamo portati nel distretto Al Forsan, il petalo viola, dove c’erano i padiglioni più importanti. Quello degli Stati Uniti, serioso, autocelebrativo. La vicepresidente, Kamala Harris, da un monitor gigantesco ti accoglieva all’ingresso. Le immancabili bandiere a stelle e strisce ci hanno accompagnato nella parte interna. Non dovevi camminare, venivi letteralmente trasportato su un nastro come quello delle valigie in aeroporto. Accanto, c’era un razzo pronto a partire
Poi il padiglione del Giappone, spettacolare, intenso, un filmato bellissimo ed emozionante, lo posterò su FB nei prossimi giorni. Peccato che poi dalla seriosità e dall’emozione delle immagini si sia passati praticamente ai cartoni animati e alle anime. Si è trasformato tutto in un gigantesco cartone animato. Venivano riprodotti delle scene di vita quotidiana con normali oggetti di tutti i giorni. Le hostess nipponiche tutte sorridenti, con la loro simpatia e tanti arigatò, si sono conquistati l’attenzione di Mater che non le voleva mollare più. Risatine, abbracci virtuali, inchini, bella-bellissima, italia, e manine in segni di saluto sono intercorsi tra loro. Mi sono fatto tante di quelle risate.
L’India Pavillon, gigantesco, spettacolare, con delle bellissime immagini, ti faceva immaginare una nazione perfetta, senza sovraffollamento, con i fiumi così trasparenti nei quali poterti specchiare. Ma in che film? Proprio all’Expo.
Così abbiamo fatto uno snack nel petalo arancione, e ci siamo visti il noiosissimo padiglione dell’Opportunità, grande ma senza sostanza interattiva. La Svizzera, spettacolarissima sia per la facciata sia per l’interno, ci ha accolto con un percorso open space al buio completamente avvolti dalla nebbia. L’unica possibilità era scalare la pseudomontagna delineata da led gialli. Mater era spaventatissima. Non riusciva a fare un passo. Si lamentava che c’era umidità dappertutto e che le si bagnavano i capelli. Uno dei padiglioni più belli nella sua estrema semplicità.
L’Egitto, come per l’India, tanto fumo ma in realtà sappiamo tutti com’è questo stato. Nel Bahrein c’erano solo automobili: 30 secondi e me ne sono scappato. La Cina carino, ma potevano farlo molto meglio. Hanno peccato di sciatteria.
Non parliamo dell’Austria, una vera delusione. Sembrava un villaggio berbero della Tunisia. Non un filmato, non un percorso. Stavi sotto questi coni, come quelli della Spagna, ma non c’era proprio niente di interessante.
Quello del Pakistan e della Bielorussia sono stati davvero interessanti e piacevoli. Non penseresti mai a queste nazioni così avanti in tutto. Però le perdoniamo per la creatività e l’arte con le quali hanno gestito i padiglioni.
Quello della Colombia, non poteva che essere così, vivace, brioso, a suon di musica, salsa e rulli di tamburi. Un po’ sfattoni, un po’ così sereni, fin troppo, mi aspettavo che da un momento all’altro mi dessero una bustina di coca… Certi pregiudizi sono duri a morire, ma non ho potuto farne a meno.
Poi tutta una serie di padiglioni di stati che non mi hanno particolarmente colpito. E infine la Norvegia verso la quale provavo una fiducia immensa e totalitaria. Noiosissimo il filmato nel buio più totale, neanche un mezzo video autocelebrativo della bellezza della nazione. Infatti credo di essermi addormentato.
Così abbiamo deciso che per oggi era abbastanza. Abbiamo salutato Opti, il robottino che ormai ci attrae e di fronte al quale non riusciamo a non farci domande…