Ora che sono tornato, sano e salvo, dopo 20 ore in giro tra i vari aeroporti, volevo scrivere alcuni pensieri su questo viaggio, prendendo spunto da quanto scritto in premessa.

L’immagine che riassume meglio di tutte cosa è per me Mayotte e cosa è stato questo viaggio è quella che vedete sotto. Un sporta della spesa sulla quale è stampata un’immagine bellissima di Mayotte. Un tramonto tra i baobab su una spiaggia. Amo Mayotte e proteggo la mia isola. Peccato che la sporta contenga spazzatura ed è gettata in un cassonetto.

Mayotte è un isola bellissima ma viene mandata in vacca, nonostante i buoni propositi. Già, perché hanno un’isola bellissima contenente un germe marcio, che non riesce ad essere debellato.

Eppure la Francia ha dato tutto, l’ha dotata di infrastrutture: ospedali, strade, acquedotti, tribunali, municipi, scuole, e di sovrastrutture potentissime, la comunicazione, la sanità, la giustizia, il senso di civiltà che deve raggiungere un popolo.

Mayotte ha tutto per sopravvivere a se stessa, così come è successo alla Reunion, ma i suoi stessi abitanti la distruggono e non c’è verso di farlo capire. Poi, può darsi che la dura e selvaggia immigrazione limiti il benessere, che la stragrande maggioranza del lordume sia dovuto a quel 30 per cento di persone irregolari.

Ma se le cose stanno così, Mayotte non ha un futuro, non avrà benessere, morirà lentamente, anzi velocemente. Già adesso, è un inferno viverci, è violenta sebbene sia una violenza primordiale, non ancora incattivita, dovuta per lo più alla disperazione. Non siamo alla violenza gratuita e scientemente portata avanti come avviene nei paesi sudamericani, ma ci arriveremo.

Se il viaggio è stato per lo più sicuro, probabilmente è perché noi non venivamo riconosciuti come turisti, perché semplicemente non ce ne sono. Poi perché la polizia è sempre presente in ogni angolo, in ogni strada. Le caserme sono ovunque. La gente è esasperata. La vedi di rado, non esce se non alla domenica, è nascosta, le violenze sono perpretate contro gli abitanti. Di notte non so cosa si consumi tra questa gente. Alle 18 è tutto completamente buio (così per tutto l’anno) e trovi variegata umanità dappertutto anche in posti dove non ti aspetteresti. In vicoli, dietro alberi, nel buio più pesto. Alle nove quando rientravo con l’auto, le percepivi queste presenze inquietanti…

Mayotte bisogna vederla da lontano, dalla laguna. La natura è ancora prepotente, il verde rigoglioso, le baraccopoli non si notano, nemmeno le discariche. Mayotte è un’isola vergine a cui è stata data una mano per riprendersi ma non ce la fa… È seduta, è vincolata dall’assistenzialismo, dai soldi pubblici (anche nostri perché la maggior parte arriva da fondi europei). Quelli che ci vivono mangiano, creano, sgravano quei cinque sei figli e poi il futuro lo gettano come un biglietto da visita di cui sai che non ti potrà mai servire.

Ho guardato diversi libri, nell’unico negozio che ho trovato, all’aeroporto. E la dipingono questa isola come primigenia e sempicemente in nuce. In realtà non è così. Se non ci fosse la Francia che la puntella dove altrimenti franerebbe, altro che isola primordiale! Mi dispiace parecchio. Ripeto, le potenzialità ci sono tutte, ma vengono lasciate lì. A Mamoudzou ho trovato dei parchimetri elettronici (a dire il vero l’ultimo giorno) e sono stato lì a guardarli pensando a cosa fossero. Sempre in questa città, alla mattina i netturbini puliscono, ramazzano e rasettano ma quando c’è polvere che sovrasta tutto e ogni cosa, alla fine perdi ogni speranza. Davvero.

Sono immensamente felice di essere andato, di averla vista così ma so che è un bel frutto nella cui parte nascosta si nasconde la muffa che prima o poi coinvolgerà l’intero frutto. Non è stata una vacanza facile, e ringrazio il cielo che avessi l’auto. Senza di essa, mi sarei fatto risucchiare dall’arretratezza dell’isola.

Sicuramente non ci verrò mai più, non ci tengo come per esempio per altre isole. Ho goduto delle spiagge meravigliose, un mare che più verde non si poteva immaginare e il cielo più blu di un tappo di una penna bic… Mi sono anche arrabbiato e tanto, in alcune occasioni, ad esempio a Sada, dove ti sentivi circondato dal malessere diffuso mentre camminavi tra i ruderi di pietra delle case, i canali di scolo della fogna ma non sapevi dove andare di preciso. Non c’è niente da vedere, c’è solo da vivere con un sentimento provvisorio che sia esso di coraggio o di paura, poco importa. Ho rinunciato a diverse camminate proprio per non avventurarmi in sentieri perigliosi e ho sfidato tutti i sinceri “bonjour” che mi venivano rivolti da persone anche poco affidibali.

Ecco, voglio essere tranquillo e godermi la natura… LA NATURA, che a Mayotte è prepotente ma molto fragile.

Mater è stata coraggiosa e ha retto con qualche trauma comprensibile ma è tornata arricchita, piena di volti di bambini che la osservavano e che le tendevano la mano. La devo ringraziare per prima io che è venuta lo stesso nonostante le avessi espresso tutti i miei timori, per averla fatta fare un viaggio che credo non sia da tutti. No alpitour? Poco importa, c’è la “genovesetour” sicuramente perfettibile ma con la piena sicurezza di godere appieno le cose che ci vengono date.

Grazie a voi tutti, che con spirito masochistico, mi avete letto. Credo che qualcuno sia ancora morto dalle risate. Non era mia intenzione farvi morire. Almeno d’ora in poi sapremo cosa sono le Mayotte e se avremo voglia, perché no?, basta un volo, un po’ di incoscenza…