Ieri sera sono arrivato a Windsor dopo una giornata un po’ sottotono. C’era solo bisogno di un po’ di riposo ma… È sempre così: il B&B era lontano anni luce dal centro. Eppure, guardando la cartina, mi era sembrato così vicino al centro, anzi ero convinto di essere proprio accanto al cancello di ingresso del Castello dei Windsor.

Invece i miei tre chilometri all’andata e altrettanti per il ritorno, li ho fatti tutti. Altro che riposo! Mi sono maledetto per non aver preso l’auto. Ma ormai…

Sono arrivato in centro quasi al tramonto, certo non di quelli belli a cui ero abituato a vedere in Cornovaglia ma ugualmente interessante. Stavano togliendo tutti i fiori, ormai appassiti, dai giardini che circondano le mura. L’aria era mesta, inconsolabile. In ogni vetrina un pensiero, un’immagine, una frase dedicata a lei. Un mortorio. Ormai nel buio più totale, sono entrato in un pub dignitoso e ho mangiato la mia porzione di fish and chips. Dovevo consolarmi con qualcosa. Per alzarmi purtroppo, poi ci sono volute tutte le forze, quelle poche che mi erano rimaste, e tutta la buona volontà di questo mondo. Non mi sono lasciato andare: mi sono messo di buona lena per affrontare il viaggio del ritorno che, devo dire, mi è sembrato molto più corto, meno faticoso. L’aria era fresca e dolce. C’era silenzio da tutte le parti. Arrivato in albergo, sono schiattato direttamente nel letto, completamente assonnato.

Perché ho scelto Windsor? Non di certo perché è morta la Betta. Non me ne poteva importare di meno! Eppure per molti è stato così. Pensavano che volessi vedere il suo funerale. Ma chi se ne frega! Tuttavia, non sono riuscito a convincerli molto delle mie ragioni.

Windsor è vicinissima ad Heathrow; è una gran bella cittadina, non per nulla ha il titolo di “borgo reale” non solo per il castello ed è circondata da tanto verde, che ti chiedi come possano permetterselo. Eppure siamo a Londra, mica l’ultima città sfigata del mondo…

Londra la conoscono ormai tutti, è nell’immaginario collettivo di ciascuno, ma Windsor, credo non sia molto conosciuta. È stata la mia quarta volta e sono sempre stato convintissimo della mia scelta.

A Windsor c’è il Long Walk, un rettilineo di oltre 6 chilometri che parte dal castello e arriva in un punto imprecisato della foresta del Berkshire. Capite? Como-Cantù su un vialone che sembra la pista di un aeroporto, talmente è dritto. Siamo a 10 chilometri da Londra. Provate a vedere cosa c’è alla stessa distanza da Milano… Rozzangeles? Settimo Milanese? Nova Milanese? Cinisello Balsamo? Corsico?

Ecco, rispondetevi da soli… Fossimo stati in Italia, sai quante Bolle di Sapone, Media World e Brico Center ci avrebbero costruito… Il Long Walk, diritto come una stecca da bigliardo, in mezzo al verde, a prati che si perdono a vista d’occhio, è stato pensato e realizzato nel 1200! Io mi commuovo… Noi del 1200, cosa abbiamo? Qualche chiesa e poco altro. Pensate al parco visconteo della Certosa di Pavia. Qualcuno l’ha mai visto?

Ecco perché mi piace Windsor, perché nonostante tutto, la sua vicinanza con una megalopoli, è nella natura, è circondata dall’acqua e dal Tamigi. Noi che cosa abbiamo? Case, case e case. Capannoni e capannoni.

Dopo l’entusiasmante colazione, con croissant fragrante e fresco, appena preso da una confezione del Mulino Bianco, mi sono portato al Long Walk. Ho cercato dove lasciare l’auto, alla fine l’ho messa in mezzo ai campi, in un posto ufficialmente destinato a parcheggio, a metà viale. Sapevo che sarebbe stata una sfacchinata ma era l’ultimo giorno e poi mi sarei di certo riposato.

La vista, proprio a metà del viale, è di un’incomparabile bellezza. Da una parte, in fondo in fondo, il castello di Windsor, dall’altra, su una collinetta la statua equestre di non so quale re. In mezzo io. Sentirsi così piccoli, inglobati in una prospettiva così vasta, mi ha rigenerato e ho affrontato il percorso senza lamentarmi. Direzione verso il castello. Piano piano, senza fretta. C’erano un po’ di lavori per mettere in ordine il viale. Stavano togliendo le transenne, gli urinatoi, i gruppi elettrogeni e le luci. Insomma non era proprio un bel momento per stare lì, ma la vastità e il respiro di quella vista ripagava ampiamente ogni disturbo.

Il cielo che sembrava all’inizio di quelli tipici di Londra, grigi, mosci, pian piano si è liberato. Il fronte delle nuvole ha iniziato a formare una linea obliqua proprio sul castello. Da una parte il cielo azzurro e dall’altra le nuvolaglie. Il castello si è colorato di una bella tonalità dorata.

I fiori raccolti la sera precedentemente venivano sparsi negli ampi giardini del castello e li vedevi lì che iniziavano ad appassire. Al cancello, rigorosamente chiuso, la gente portava ancora degli oggetti, dei disegnini, alcuni pupazzetti che venivano deposti proprio all’ingresso.

Ho percorso tutto il centro, che si consuma praticamente tra due curve, fino al Tamigi, dove inizia la città di Eton. Nonostante fossi stanco, e ormai con i miei chilometri che li sentivo tutti, ho varcato il ponte per vedere la cittadina dirimpettaia. Non mi ero spinto oltre il Tamigi. Anche Eton era molto carina, sonnolenta, la sorella minore e meno prestigiosa di Windsor. In compenso poteva vantare il Collegio di Eton. E infatti era invasa da studenti con la divisa: pastrano lungo, pantaloni gessati e camicia bianca. Per un momento ho pensato di essere all’interno di un film di Harry Potter. Avrei voluto visitarla meglio ma dopo l’ingresso principale, ho rinunciato a fare un solo passo che mi allontanasse dall’auto.

O tornavo indietro o ci lasciavo le penne e ad Eton non mi sembrava proprio il caso. Lentissimamente, con passi trascinati, le giunture delle coxofemorali che gridavano vendetta, mi sono riportato indietro. Però una panchina potevate metterla su quel viale di 6 chilometri! Non chiedevo molto. La mia costanza mi ha premiato. Alle 13 e 30 ero al parcheggio. Volevo buttarmi a terra, lì sul sentiero e respirare a pieni polmoni e godermi la mia vittoria, ma ho evitato prima che qualcuno chiamasse il 112. Peccato solo non aver fatto l’altro metà viale ma ero soddisfatto lo stesso. Windsor avrà sempre un posto nel mio cuore.

Mi sono portato così in aeroporto, dopo aver fatto il pieno alla Kia, dopo essermi scolato una lattina di dr. Pepper, la cocacola alla ciliegia. Fine di questo viaggio faticoso ma che è andato oltre le mie aspettative.