Stamattina, molto presto, mi sono alzato per portarmi al Forlanini. Almeno per ora me lo sono scampato, il BIA (Berlusca International Airport). Jake mi ha guardato per dire: ma che ci fai in piedi?

La 35 è tutta libera, non mi pareva vero… Ho bruciato tutta la Brianza arrivando a Novegro in poco più di mezz’ora. Poi ho sbagliato ingresso al parcheggio, che non era il Fast ma il Parking Go. Cretino di uno a cui ho chiesto se si trattasse del Fast e tu mi rispondi di sì, ti meriti tante ragadi anali. Rimetto le valigie in auto e riparto per la stradina laterale, dovendo però rifare il giro di tutto il quartiere.

La rabbia. Così arrivo in aeroporto, mi aspettavo chissà quanta gente, invece i banconi erano vuoti. Ah, deve andare a Belfast, mi disse l’altro idiota della British. Ma, mi scusi, dove l’ha letto? Ha azzeccato due lettere. Oh, mi scusi, mi scusi, apro la seconda pagina. E incomincia la tiritera. Ha il permesso di entrata? Ma è Regno Unito, non c’è bisogno. Alla fine, visto che voleva vendicarsi della sua figura di palta, gli faccio vedere la Carta di Imbarco rilasciato dal governo bermudiano. Ma deve stamparla. Se poi internet non prende. Caro idiot della BA, non sono problemi suoi. Il documento è un pdf conservato off line. Lo posso prendere quando vuoi. Lei piuttosto si impegni a mandarmi a Londra e non a Belfast. Ma come l’è venuta?

Linate si stava svegliando, i negozi erano aperti, così pure l’imbarco. Per fortuna. Hai visto che non serve arrivare tre ore prima! Parto puntuale, col muso diretto verso nord. Milano sulla mia sinistra. I capannoni della Brianza e infine, Como con la Spina Verde. Ciao Mater, alza gli occhi, sono qui!

E poi una ronfata fino a Londra dopo aver liberato per bene, con colpi vigorosi di tosse, la trachea dai rimasugli di biscotti integrali. Odiosi. Arriviamo perfetti al terminal 5, con un cielo variabile, tendenzialmente sereno con tante e bellissime nuvolelle bianche. Faccio quattro conti sui tempi. Il mio programma, quello di andare ad Hampstedad Heat, lo accantono. Non ce la faccio. Avessi avuto due ore in più, ma ci vogliono almeno due ore e mezzo solo di metropolitana, poi la collina di Parlament Hill mica la vuoi fare in centro metri in salita. No, proprio no.

Di solito sono molto stupido, ma quando vado all’estero divento intelligente e saggio. Così mi rassegno al classicissimo giro a Piccadilly Circus. Mi viene l’orticaria. E come se andassi a Milano e ti limiti a fare il percorso tra il Duomo e piazza San Babila. Ma o questo o questo. Fa fresco a Londra, cielo, ripeto meraviglioso; insolitamente vuota. Arrivo a Trafalgar Square, vivace, dove si attardano i primi turisti. Me lo godo tutto il giro della piazza. Alle 11,30 rientro con la linea blu, con quelle diecimila stazioni per il T5. Per quello che ho rinunciato a vedere Londra. Too big.

L’imbarco al T5, anche questo efficientissimo, non ho aspettato niente e mi porto in questo Boeing 777, ultime file. Avevo scelto il posto con accuratezza, al check-in nel momento in cui non paghi la scelta dei posti. Ero lì a pregustarmi il viaggio, quando arriva Tatiaaana. Chi è Tatiaaaana?

Ok, non voglio fare commenti di bodyshamming, perché non sono nel fisico per poterlo fare, e ne sono perfettamente consapevole. Ma due oversized uno accanto all’altro, no, anche no. Dundio. E lei, lo giuro era il triplo di me. Avete presente Big Mama. Ha dovuto prendere una giuntina per chiudere la sua cintura. La mia si chiudeva molto easy. Io veramente mi sentivo uno smilzo al suo confronto. Aveva mezza chiappa fuori. Giuro, ero schiacciato tra il finestrino e lei. Aiuuuto. Temevo davvero che l’aereo non riuscisse a staccarsi da terra. E non si è mossa dal suo posto, zavorrata com’era.

Siamo partiti, dopo neanche mezz’ora ormai in mezzo all’Oceano – non c’era altra possibilità- mi metto a dormire. Dopo 7 ore esatte, arriviamo su Bermuda, la vedo in lontananza. È lì, vedi di centrare la pista, altrimenti passi oltre. Piatta come una suola di una ciabatta, verdissima e una marea indefinita di case…