E con la giornata di oggi concludiamo la visita dell’isola di Bermuda. C’era solamente da vedere la città di Hamilton. Proprio a nord, di fronte alla baia. Una bella posizione soleggiata, riparata dai venti e dalle correnti. Sono le nove del mattino, non c’è nessuno. Mi dirigo proprio in centro. Il cielo è azzurrissimo. Il bello del motorino è che lo puoi cagare dove vuoi e nessuno ti dice niente.

Così ho deciso di parcheggiarlo direttamente proprio davanti al Gabinet (sede del Senato), un Capitol Hill, microscopico, simile più alla casa bianca. Ovviamente il davanti un giardino immacolato. Procedo lungo la Front Street, il lungo mare, sperando di trovare un posto dove fare colazione.

La percorro tutta fino all’ufficio del turismo. Non trovo niente, ma mi piacciono molto i portici, lungo i quali trovare la frescura e l’ombra. Ovviamente nessun locale è aperto. È domenica, i ricchi non passeggiano per il centro, vanno in barca, girano l’isola. Trovo una french patisserie. Posto lindo, fresco e pulito. Una piccola Sartori. Mi fiondo dentro per riempirmi, invece un croissant, che poi era un pain au chocolat, sgrauso e una bibita amarissima di caffè ghiacciato con un microgrammo di latte sono la bellezza di 12 dollari. Stica. Guardo il piattino miserrimo e questo bicchieraccio di plastica. Mi siedo al tavolo. Cerco lo zucchero non lo trovo da nessuna parte. È imbevibile anche con tutta la buona volontà. Guardo il contenitore di fronte, sarà mai questo? Schiscio il bocchetto e esce una cosa gelatinosa. L’assaggio e mi accorgo che era gel. Per fortuna che non l’ho fiondato nel bicchierone.

Spero che nessuno mi abbia visto… Con ancora più fame di quanto sono entrato, procedo nella visita della città. Una piccola Los Angeles con palazzotti squadrati, dei minigrattacieli e case coloniali. Mi lascia un po’ perplesso ma sono interessato. Il comune è possente. Sembra il municipio di Stoccolma, slanciato con una torre e svettante sopra di essa, la nave trialbero simbolo della città. Tutto di un bianco accecante.

Vado alla cattedrale della Santissima Trinità, diocesi di Bermuda, proprio sotto l’egida dell’Arcivescovo di Canterbury. La messa è finita. Facoltosi bermudiani stringono la mano all’officiante, che con l’altra mano sorseggiava un caffè. Infatti sulla mia sinistra c’è un banchetto di dolci e bevande. Se non avessi appena fatta colazione, avrei fatto il barbone e ne avrei approfittato.

Ritorno lentamente al motorino, schiacciato contro i muri degli edifici per trovare ombra e riparto per il mare. Arrivo allo Spanish Point, dopo aver superato tutta la periferia industriale della città. Il mare non è granché, ma era bello rimanere sotto gli alberi, seduto accanto a bermudiani un po’ tazzati che fumavano bamba…

Riparto, torno fino a San Giorgio. Mi scoccia ritornare fino a là, ma dovevo vedere la chiesa incompiuta e se non l’avessi fatto oggi, non l’avrei mai vista. Sono curioso, il cielo è diventato nuvolo. Una benedizione. Finalmente un po’ di fresco. La chiesa non era niente di che, ma le spiagge favolose, un po’ truzze ma tutto sommato accettabili. Mi lancio nel mare in ognuna delle baiette. Così torno a San Giorgio. Preparo i soldi per la granita, non c’era la ragazza di ieri. Due ragazzetti mi hanno chiesto se la volessi small-medium-big, 3, 5 e 10 dollari. Coooosa? Ieri la vostra madre me l’ha fatta pagare 5 dollari, quella grande. E gli faccio vedere la fotografia presa direttamente dal telefono. Si rammaricano, accettano cinque dollari. Ma io sdegnato prendo e vado via. Qui nessuno è fesso e un italiano non lo freghi. Ma poi alle Bermuda che puoi lasciare il motorino accesso che non te lo ruba nessuno… Ai ricchi non bisogna rubare. È la legge non detta ma fa sì che Bermuda abbia il più basso tasso di criminalità, pari a quello dell’Islanda.

Mi accontento di una dottor Pepper al solito benzinaio. Questa volta faccio fare tutto al benzinaio, un uomo panciuto mezzo tazzato. 5 dollari. E lui lo ripete ad altissima voce a due centimetri dal mio orecchio, f-i-v-e buks, number 2. Era per farsi sentire dalla cassiera. Ma dico, un altro modo non c’è?Sento tutto il suo alito risucchiato nel mio orecchio.

Infine vado allo Spittal Pond, una pozza di acqua stagna, un lago del Segrino più piccolo. Bermuda Parks. Solo che c’è un sole della madonna, inizio a sudare come un mantice. Arrivo a malapena a metà, raggiungendo la roccia portoghese, dove alcuni sfigati si sono incagliati su queste coste. Temo di avere un colpo di calore. Mi sento fiacco. Non ce la faccio a muovermi. Speravo in un refolo di vento.

Arrivo alla spiaggia di John Smith e piano piano, riesco a prendere controllo dei miei battiti. La brezza marina mi aiuta. L’acqua del mare pure. I bermudiani seduti vicino a me, erano sconvolti dal mio stato. In coro mi hanno chiesto se stessi bene. Sì, però se non mi fumate addosso la vostra bamba. E per oggi sono sopravvissuto.