Dopo essere tornato dal Giant’s Causeway, ho prenotato l’albergo in un pittoresco paesino sul mare. Non volevo trascorrere la notte a Coleraine, l’unica città della zona, abbastanza bruttina con una certa vocazione industriale.
A Portstewart, una località modaiola, si respirava un’aria di vacanza, di quelle per cui il mare è tutto, così come le vacanze.La posizione del posoto, affacciato sull’oceano, era davvero notevole
Il ristorante era a pochi passi. Non mi importava che fosse italiano, non volevo camminare ulteriormente dopo la lunga giornata. Il menu, beh, lo avete visto anche voi, mi perplimeva. Alla fine sono andato sul sicuro mangiando del pesce.
Questa mattina sono stato svegliato da Maureen, la proprietaria dell’appartamento, donna svampita, curiosa come un gatto. Durante la colazione, mi ha fatto l’interrogatorio, mi ha chiesto se fossi sposato e se lavorassi. Ha voluto a tutti costi che facessi colazione, sebbene non fosse compresa nel prezzo. Ho bevuto solamente una tazza di latte nell’ampia cucina, pesantemente addobbata in stile natalizio. Era tutto così angosciante. Alla fine, ha voluto farmi una fotografia col cellulare. Ma certo, la userà contro di me se non metto una buona recensione? Osservo la sala, riccamente agghindata con addobbi natalizi. C’erano pure le foto degli ospiti. Horror channel. Mi incuteva un certo terrore.
Alle nove sono uscito. Ho attraversato la strada per alcune foto al mare, impetuoso che si infrangeva sulla costa. Ho ammirato il lungomare, che ricordava le cittadine della Cornovaglia, e mi sono diretto a sud, attraversando il centro di Coleraine, confermando il suo aspetto poco invitante.
Il viaggio fino a Belfast è stato impegnativo. La strada era imbiancata. Certo, c’era solo una patina bianca, sufficiente però a farmi stare in ansia. Ho guidato pianissimo, temevo il ghiaccio. C’era traffico. La corsia di sorpasso non era stata spazzata dalla neve. Avevo previsto di trascorrere un paio d’ore tra le montagne del Mourne, al confine con l’Irlanda, quella originale, ma alle 11 ero ancora sulla tangenziale di Belfast, dove miracolosamente c’era bel tempo e la neve sciolta, ma ormai i miei piani erano completamente sfumati.
Lungo la strada, a pochi chilometri più a sud, c’era l’uscita per il Castello di Hillsborough. Perfetto, almeno per recuperare un po’ il tempo perso a guidare. Le montagne non erano più un’opzione, ma almeno la natura prometteva bene. Undici sterline per il parco e altrettante sterline per visitare l’interno del castello. Ho scelto la prima opzione.
Peccato per la vegetazione particolarmente bruciata dal freddo dell’inverno, altrimenti sarebbe stato spettacolare. Il parco era sì grande ma non immenso e il castello era un po’ modesto. Comunque mi sono goduto la lunga passeggiata attorno al lago e al castello. Il tempo era incerto, a tratti nuvoloso ma anche tanto sereno. Boh, sapevo soltanto che faceva tanto freddo.
Ho sfamato dei cigni con dei biscotti e alle due mi sono portato all’uscita per dirigermi finalmente verso l’aeroporto. Di questo passo non sarei mai arrivato a Dublino. Ormai il cielo era completamente sereno e non c’era alcuna nuvola. Mi sentivo un po’ preso in giro, possibile ora che dovevo tornare, il tempo era bello.
Ho fatto alcune deviazioni, lasciando l’autostrada diverse volte per ammirare il paesaggio. Il tramonto era spettacolare, era tutto uniformemente giallo. Davvero un peccato non averlo apprezzato nei due giorni precedenti, ma pazienza.
Sono arrivato all’aeroporto giusto in tempo per lasciare l’auto alla rent a car, prima che chiudesse tutto. La navetta mi ha portato direttamente al terminal 2 ma io dovevo andare nell’albergo. L’autista un moldavo un po’ tazzato, capendo di essere italiano, mi spara a raffica: I loooooove Italy. Blog-nia, Neapoli… Talmente esaltato, che mi ha scodellato direttamente davanti all’albergo e mi ha salutato colorosamente come se mi conoscesse da sempre.