Mi sono alzato tardissimo, alle otto, e non so darmi una spiegazione plausibile. Orrore! La colazione! Mi precipito nell’altro fabbricato, ma ormai la devastazione era completa. La calata degli Unni è avvenuta e sul bancone non rimanevano che pochi avanzi.
Non solo: il vichingo bambino, davanti a me, ha impiegato un quarto d’ora a scegliere il latte alla fragola. Su, sbrigati, che adesso te lo faccio ingoiare, compreso il tetrapack, e te lo infilo tutto in gola.
Ho mangiato delle polpettine dell’Ikea e un po’ di formaggio. La mia brioche alla crema è un’utopia. Non sanno che cosa si perdono i Norvegesi.
Dopo la mia disfatta, prendo l’auto e mi dirigo verso sud, lasciandomi alle spalle Narvik, una città un po’ inquietante. E pensare che l’ho vista nel pieno splendore, baciata dal sole di mezzanote.
Questa volta il tragitto è un po’ più lineare, la velocità di crociera si assesta sui 90 kilometri orari. Ma le fermate sono ancora tante. Mi blocco nella corsia del traghetto, infastidito. Ma come era possibile che la strada finisse lì, non c’era un tunnel, un ponte? In poco tempo, a onor del vero, giusto per gustare lo spettacolo delle montagne di granito, mi ritrovo dall’altra parte del fiordo.
Tante discussioni inutili. Fino a Bodo mi aspetta un’interminabile foresta di pini, abbastanza soporifera. Infatti mi sono fermato diverse volte per raggungerla per non addormentarmi.
Una volta in città, ho scalato le alture che circondano la città, Ho cercato di camminare un po’, circumnavigando diversi laghetti. Il chiasso dei gabbiani era irriverente. Possibile. Siamo in mezzo alla natura… Un po’ di silenzio….