Dopo il vento, il mare burrascoso, la piogia battente e le saette della giornata precedente, un cielo insospettabilmente terso, sereno e una temperatura accettabile per scaldarsi le ossa.
Il sole aveva già fatto capolino dalla mia finestra con un’alba spettacolare poche ore prima, ed è riuscito a mantere tutta la sua gioiosa e calorosa presenza per tutto il giorno.
Cosa c’era di meglio che un bel giro su una qualsiasi altura da cui godere paesaggi meravigliosi? Ecco, la montagnetta di fronte all’albergo mi chiamava, voleva la sua attenzione. E così, dopo colazione, a dire il vero molto modesta, mi portavo verso la montagnucola.
Bello e baldanzoso, sono arrivato in pochissimo tempo alla deviazione della strada che avrebbe portato in cima. Avevo macinato quel chilometro in fretta, ma appena girato l’angolo, subito un’erta faticosissima mi ha tagliato le gambe.
Fiatone, rosso paonazzo, sub-cianosi… Ero in distress respiratorio già dai primi passi. Per di più avevo lo zaino della macchina fotografica e la borsa di mater, la quale, cocciuta, deve sempre portarsela dietro, salvo poi sbolognarmela.
Nonostante tutto, saliamo in quota rapidamente, per forza con le pendenze iniziali. Appena superate le ultime case, la strada è diventata un sentiero acciottolato per poi diventare un percorso erboso calpestabile.
Raggiunto il monte Rosa, vero e proprio, scoprivo che il promontorio era formato da due montagnucole, e che quella che mi interessava era proprio l’ultima, su cui svettava la croce. Ormai mancava pochissimo. Come riunciare? Con la tenacia di un mulo, ho percorso quel paio di chilometri fino alla vetta del promontorio.
Il paesaggio era davvero ragguardevole. Si vedeva tutta la costa nord della Sicilia, parte della Calabria e l’Etna imbiancato. Volevo festeggiare la mia impresa ma poi mi dicevo che non erano che poco più di 300 metri.
La discesa è stata davvero una passeggiata. Avrei voluto fotografare il paesaggio proprio sul valico tra le due alture, dove c’era una casetta isolata. Due tedeschi me lo hanno vietato. E’ pur vero che si tratta di proprietà privata ma è altrettanto vero che le isole Eolie sono patrimonio mondiale dell’umanità pertanto quella vista unica, era anche mia. Gli ho augurato dissenteria eterna.
Al pesino di Canneto, una noia mortale, non c’era anima viva, negozi chiusi, sbarrati. Qualche temerario era in costume e cercava di congelarsi nel mare.
Così siamo tornati a piedi a Lipari downtown. Nonostante gli otto chilometri Mater ha trovato la forza di andare in giro per negozi e shopping. Davvero indistruttible.