Finalmente davvero il tempo sta volgendo al bello. Ieri approfittandone, ho deciso di andare sulla sommità chiamata Punta Corvo.
Dopo la colazione, abbondantissima e senza possibilità di scelta, perché siamo i soli in albergo, e dopo aver ammirato l’alba dal pontile, ecco che ero pronto per iniziare ad esplorare per davvero Panarea.
Passo dalla strada principale che porta a Nord, la strada si interrompe in una specie di Obi nostrano. Ritorno indietro, percorro la strada principale, dopo la chiesa dell’Assunta, che è diversa da quella di San Pietro, c’è una deviazione che dopo alcune curve mi porta in una proprietà privata.
Vado ancora avanti sulla strada principale, pensando di essere certo di averla trovata, percorro questa stradina in mezzo agli ulivi, tra i muretti a secco e foglie di fico d’India. Anche questa mi porta in una proprietà privata, tra l’altro in un posto dove non ci abiterei neanche se mi pagassero.
Così dopo la terza volta, ritorno sui miei passi, stanco, sudato, col fiatone, demotivato, torno al porto, centro nevralgico dell’isola.
Incontro questo tipo, sulla quarantina, affascinante come Ryan Goslin, ma magari, con le striscie pedonali in bocca, capelli ingellati, strabico, con sigaretta alla bocca e abbastanza storpio. Mi chiede se mi va di fare un giro in barca. Gli rispondo candidamente, ma certo che si. Ero già pronto a questa evenienza, e volevo farla. Tommaso, il receptionist, mi aveva dato tutte le indicazioni. Avevo trovato l’uomo giusto (insomma, che uomo!).
Telefono a Mater che era all’interno di un negozio e le ho detto di venire immediatamente al porto. Anche lei ci teneva, lo sapevo, nonostante il vomito sparso per il mare al largo di Stromboli.
La barchetta, davvero minuscola, era già pronta al porto. Tempo di salire. Temevo che si ribaltasse sotto il mio peso e la mia grazia da elefante, invece ha retto.
Sono certo di aver fatto un giro bellissimo, il mare era calmissimo, mi venivano delle voglie strane, ma poi mi dicevo che camminare sulle acque era riuscito soltanto ad una persona, e quella non ero io.
Lentissimamente, sotto un cielo perfetto, abbiamo fatto tutti gli isolotti, visto le acque sulfuree, abbiamo poi doppiato la punta meridionale di Panarea, per poi risalire a nord percorrendo la costa occidentale, frastagliatissima.
Tre ore che sono valse tutti i soldi che abbiamo speso. Bellissimo. Ero gasatissimo. Poi anche lo sfigato dello skipper si è rivelato una persona buona, un po’ malinconica e alla fine un po’ mi è dispiaciuto averlo giudicato sommariamente all’inizio del tour.
Arrivati di nuovo al porto, ci siamo fiondati da Carola a mangiare il panino alla piastra e assaporare la buonissima granita alla mandorla.
Il resto della giornata, l’abbiamo passata a Cala Junco, sulla spiaggia. Io soltanto ho fatto una capatina al sito preistorico, ma mi sembrava una gran cagata.