Everything is illuminated


Un giovane ebreo americano, Jonathan, decide di andare alla ricerca della donna che durante la seconda guerra mondiale in un villaggio in Ucraina aveva salvato la vita a suo nonno, nascondendolo durante un raid dei nazisti. Il ragazzo viene aiutato nella sua ricerca da un giovane ucraino, Alex, con il nonno e la sua cagnetta guida un po’ psicopatica, emissari di uno strano ufficio specializzato nella ricerca dei parenti ebrei di ricchi americani scomparsi durante la Shoah. Tratto dal romanzo del 2002 Everything Is Illuminated di Jonathan Safran Foer, Schreiber l’ha scelto per la vicinanza alla sua storia famigliare e ne ha curato l’adattamento per il cinema. È la storia di un viaggio in Ucraina alla ricerca del passato, un viaggio nella memoria. Il punto di partenza è costituito da una vecchia fotografia del nonno di Jonathan, raffigurante appunto il nonno e una giovane donna di nome Augustine, e da un nome misterioso: Trachimbrod.

Anche il nonno di Alex ritroverà la sua storia necessariamente rimossa e sarà per lui qualcosa di devastante. Ognuno troverà la pace nello stabilire un nuovo rapporto con gli eventi, accettando la propria appartenenza con il mondo ebraico, e le tombe degli avi saranno ricoperte simbolicamente da quella terra che li ha visti crescere.

Basato sull’omonimo libro, ne rispecchia fedelmente il contenuto. Il libro non ero riuscito a leggerlo perché c’erano volutamente troppi errori, il film invece si è manifestato poco alla volta, fino a raggiungere l’illuminazione.

Solo allora ho capito perfettamente il messaggio sia del film sia del libro.

Un viaggio on the road sulle strade della Ucraina, in realtà della Cecoslovacchia (alcuni paesaggi noti), alla scoperta delle proprie origini.

Il nonno spettacolare, muore dopo aver compiuto il suo tragitto.

E i due personaggi più diversissimi tra loro, si completano con due caratteri diametralmente opposti.

Tanta ironia, tanto ridere ma anche tanto piangere. Un film perfetto in tutto.

Bello, davvero molto bello.