Il primo giorno di Inverno


Valerio è un adolescente solitario, non riesce a vivere la sua meravigliosa età, non da protagonista, come accade a molti suoi coetanei; si limita così ad osservarli stando in disparte, cercando di misurarsi con loro e trovare un modo per assomigliargli. Accorcia e allunga la distanza con i loro volti e i loro corpi e si interessa alle cose che lo circondano: il cielo, il fiume, le foglie e i rami degli alberi. Poi trova qualcosa, una traccia e la segue, commette un grave errore e ha paura, è appena trascorsa la notte più lunga dell'anno e Valerio, con molto coraggio, va incontro alla sua punizione. Dopo aver sentito il peso della colpa, dopo essere riuscito a gridare il suo dolore e a cercare aiuto, Valerio non sarà più lo stesso.

Un film silenzioso non solo per l’esiguità dei dialoghi, ridottissimi, ma anche per un sonoro che di certo non aiuta. Insomma c’è questo Valerio, stupidissimo, introverso fino al limite dell’autismo, che viene bullizzato per pregiudizi omosessuali da due coetanei, i quali, proprio loro, vengono scoperti dallo stesso Valerio mentre sono in un atteggiamento intimo durante un rapporto sessuale. Ora, non si capisce se Valerio è accecato dall’invidia o dalla vendetta. Alla fine si ribalteranno i ruoli fino a quando uno dei due non soccomberà dalla prepotenza a sua volta messa in atto da Valerio. Finirà in tragedia, perché il più debole alla fine si ammazza.

La vendetta non si farà aspettare, siamo quasi vicini ad una seconda tragedia ma alla fine si riesce in extremis a trovare una soluzione. Un film sulla solitudine, sull’incomunicabilità, sul niente. Poche scene extra con la sorellina, la madre e i compagni di piscina calano questo Valerio in un contesto sociale, altrimenti sarebbe rimasto lì senza niente. Spietato, da vedere almeno un paio di volte per capirlo.