Aspettando nella avinguda de la Verge de Monserrat

Ero giunto all’aeroporto internazionale di Barcellona. Ti avrei aspettato nel borgo popoloso di El Prat, dietro la curva dell’Autopista, vicino al Carrefour. Speravo di vederti, altrimenti …, pazienza. Avrei ripreso l’aereo della Vueling e me ne sarei tornato mestamente nella mia terra.

Ero così desideroso di incontrarti, avevo una voglia di parlarti e di dirti quanto avrei potuto fare per te. Ti avrei amato se me lo avessi chiesto. Lo sapevi.

Sarei venuto a Girona, in quella magnifica città protetta da alture, mi sarei fatto vedere davanti al portone del dipartimento dell’università.

Ma volevo rispettare i tuoi tempi. Ti avevo mandato un messaggio. Ti informavo che mi sarei fatto trovare sulla via principale di El Prat, l’Avinguda de la Verge de Monserrat.

No, Barcellona no. Troppo, troppo. Non mi piaceva, mi soffocava, troppo elegante, parecchie distrazioni. Non che El Prat fosse più tranquillo del borgo antico. Ma almeno era Catalogna, più di quanto avrei sperato.

Erano mesi che non ti vedevo. Non ti avevo parlato mai col cuore, ma con la mente, sì. Ti avevo rivolto il mio sguardo mille volte, speravo ogni volta di farti giungere il mio pensiero telepaticamente.

Non so perché mi fossi deciso di venire a trovarti. Me l’avevi buttata lì, pochi giorni di partire. “Quando sarò a Girona, vienimi a trovare”, mi avevi sussurrato nell’orecchio.

Mi ero chiesto se fosse una bugia oppure un invito sincero.

Volevo saperlo, ora, dopo mesi di abbandono forzato; sorprenderti, dirti che ero lì per te, e per nessun altro al mondo. Che ti avrei salutato e avrei preso l’aereo il giorno dopo. Il tutto poco più di 24 ore. Che volevo amarti, che ti saresti potuto abbandonare, non per vivere con me, non mi illudevo di certo, ma almeno per farti comprendere una nuova visibilità, darti un altro punto di vista. Per un momento unico e irripetibile. Non pretendevo niente. Io ero lì per te, oziando e spiluccando una tortilla ad un tavolino.

Il traffico sul viale non mi infastidiva. 24 ore a El Prat. I bambini giocavano nella piazzetta e i camion scaricavano fumo e merce nei negozi d’intorno.

Sapevo perché ero lì.

Quando eri partito, ti avevo abbracciato. Era la prima volta che ti prendevo tra le braccia e tu amabilmente mi stringesti come se tutto quell’amore non detto si palesasse concretamente in quell’amplesso. Appoggiato nell’incavo della tua spalla, sfiorando la tua barba, mi ero messo a piangere. Mestamente, con singulti trattenuti a stento. Mi hai tenuto stretto a lungo, un tempo dilatato. Eravamo all’aeroporto di Milano. Mi sono staccato bruscamente andandomene.

Lasciandoti.

Ebbro di felicità, io.

Non mi ero voltato, ero scappato per rifugiarmi in un angolino nei pressi di Cargo City. Dovevo osservare gli aerei. Non appena la Vueling staccò il suolo, ritornai a casa.

Ecco, nei pressi di un aeroporto, di nuovo, volevo vederti per ringraziarti, per tenderti la mano. Avevo raggiunto la catarsi. Volevo il mio bene come il tuo. Il telefonino squillò…

Pink Floyd -The great Gig in the Sky


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Un commento

  1. accidenti che pelle d’oca che mi é venuta, oggi all’alba del 2014 sentire queste parole cosi’ profonde…. difficili da leggere, difficili da sentire e difficili da ascoltare, già…. oggi chi le ascolta piu’ queste note di profondità e…. soprattutto pochi, molto pochi le dicono… grazie charlie

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