Non ho molto da raccontare della giornata di ieri. La domenica, in compagnia di Mater, dall’altra parte del mondo, cosa vuoi fare?

Esatto!

Mi faranno santo. Ho cercato tutte le chiese cattoliche di Bali. Ne ho trovato tre nelle vicinanze. La cattedrale di Denpasar, nel centro della città, in un luogo insolito, in prossimità di un complesso residenziale. Ho scartato questa opzione perché non avevo ancora smaltito la delusione e la rabbia del traffico del giorno prima. Andare in pieno centro di domenica, anche no, grazie.

Poi c’era la chiesa di San Francesco Saverio, vicino all’aeroporto, stretta tra un Bennet, un multi-cinema e un ristorante indiano.

Assolutamente no.

Infine, la chiesa di Santa Maria, a meno di due chilometri. Perfetta per una passeggiata. Peccato che Mater fosse un po’ rognosetta, diceva di sentire male alla gamba e per questo non voler camminare. Secondo me era tutta una scusa, ma non volevo forzarla.

Il taxi ci porta su fino alla collinetta dove si trova la chiesa, un complesso religioso che ospita ben cinque luoghi di culto: due tempi induisti, una moschea, una chiesa protestante e quella cattolica.

Avevi solo l’imbarazzo della scelta. La prima croce che vedo sul campanile, mi fiondo dentro. C’è una lunghissima scalinata da fare. Mater viene aiutata da mille persone che si prodigano nel farla salire. Agli ultimi due gradini della Stairway to Heaven, guardo meglio. Non è la Santa Maria. Vedo la Croce di San Giorgio su un drappo di rosso. Noooooo, era la chiesa protestante.

Scusate, siete sempre cristiani ma Mater deve andare in quella cattolica. Gelo tra i presenti. Mi guardano come se fossi imbesuito e in effetti mi sentivo tale. Vedo nei loro occhi l’odio. Io mi prodigo con mille sorry, dico che mi sono confuso. D’altronde sono tutte uguali queste chiese.

Una volta sulla piazza, cerchiamo di non sbagliare luogo ma, insomma, due erano tempi induisti, uno era la moschea: non c’erano molti dubbi. Tuttavia lo sbaglio mi bruciava parecchio, mi sentivo ferito nell’orgoglio.

Per fortuna che la chiesa cattolica aveva una scalinata molto più contenuta. Che fosse quella giusta, non potevi sbagliare, c’erano Madonne dappertutto. Mater inizia a svegliarsi. improvvisamente non le fa male la gamba. Sale i gradini di corsa, entra nelle grotte, fa il giro delle navate.

L’interno mi sembra molto futuristico, ha la forma di una navicella spaziale: pavimento lucidissimo, volta a botte bianca. Sembrava davvero di essere all’interno dello Star Trek.

La messa era in lingua indonesiana: nel caso non capissimo qualche parola si poteva sempre leggere sullo schermo. D’altronde chi non ha mai una volta parlato in indonesiano? Io ho ronfato, Mater era lì tutta beata. Ha fatto finta di mettere i soldi durante la raccolta delle offerte perché non aveva spiccioli. Accanto a me, un ragazzetto col vestito da festa indossava un paio di pantaloni di velluto. Capite? Velluto con le costine. Ma c’erano 35 gradi…

Lo strazio è finito dopo un’ora abbondante. Il prete era uno di quelli che si compiacevano delle prediche lunghe. Calmo, lento, che soppesava le parole, che faceva delle pause lunghissime nelle quali il tuo spirito interiore poteva benissimo andare in letargo. Poi ci mettevi il coro, la benedizione dei pupi, singolarmente uno per uno con una croce sulla fronte. Insomma: due ore in quella chiesa. Ma non era finita. Alla fine le ragazze indonesiane si facevano le foto davanti alle madonne. C’erano addirittura dei cuscini sui quali inginocchiarsi per ottenere la foto perfetta. Mater non è stata da meno. Come una qualsiasi adolescente, è passata sotto le madonne, i cristi e i santi. Anche il prete si era pure messo in posa con due dita larghe in segno, presumo, di vittoria. Incredibile.

Mater era raggiante, oserei direi trasfigurata, su quella collina. Le propongo un taxi, mi guarda come se avessi detto chissà quale bestialità. Ma stai scherzando? Ce la faccio benissimo. Sto bene! Inutile farle ricordare che all’andata sembrava una balena spiaggiata, che non si muoveva neanche con le cannonate.

Scendiamo la collinetta, lei tutta bella pimpante. Saluta tutti i fedeli che sciamano di fuori come se avesse appena assistito ad una messa come da 40 anni a questa parte

I due chilometri però li ha sentiti tutti. Baldanzosa all’inizio, procedeva a grandi falcate. La discesa l’ha bruciata in un tempo invidiabile. Ma l’ultimo pezzo del viale, ha iniziato a rallentare piano piano, fino a quando ha iniziato ad arrancare. Il caldo si è fatto sentire, caspita. C’erano tutti gli odori di una città asiatica, dagli incensi al putridume della frutta marcia.

È arrivata in albergo esausta ma sostenuta dalla sua impresa.