Giornata soft, dopo le due sfacchinate dei giorni scorsi. Alle 8 eravamo ancora in camera. Mezz’ora dopo al ristorante per la colazione. Un casino di gente che a momenti si accapigliava per prendere il waffle. Ma puoi? Poi, via di corsa al laghetto dietro l’albergo.
Al lago Kurnas pensavo che non ci fosse nessuno, invece, a quanto pare, è una rinomata località turistica con tanto di negozietti di souvenir (per la gioia di mia madre) e una quantità innumerevoli di taverne.
E non eravamo i soli a voler vedere il lago, c’erano anche tante altre persone che affittavano il pedalò. In effetti, il lago è proprio bello, con questi colori dal verde smeraldo al blu scuro. Non l’ho goduto molto perché stamattina c’erano tanti nuvoloni cupi che oscuravano i raggi del sole.
Si poteva percorrere interamente il periplo del lago ma ne ho fatto solo metà. Poi sono scappato dalla ressa di gente che stava venendo. Poi mi sono portato ad Est di Rethimno, passando dalla strada a mezza costa, costeggiando le balze dei monti alle nostre spalle. Abbiamo visto la cittadina di Episkopi, autentica cittadina greca che dall’alto della sua posizione sì può vedere lo scempio della costa settentrionale.
Così ci siamo fermati al monastero di Arkadi, infilato proprio in mezzo alle montagne, sperso nel nulla, tra le alture brulle, quasi nascosto. Eppure da qui è partita la rivolta contro l’impero ottomano e se Creta non è Turchia oggi lo dobbiamo soltanto ai monaci e alle persone che si sono asserragliate nel monastero. I Turchi ormai stavano prendendo tutto il monastero, alcune mura esterne erano crollate. Stavano prendendo il sopravvento, quando nell’unico locale non ancora occupato, la polveriera, si è ritrovata la maggior parte dei monaci, donne e bambini… Il priore pregando e consapevole della gravità del suo gesto, fece cadere la candela accesa proprio sui barili. Morirono tutti ma anche i turchi. Non sopravvisse nessuno. Da questo episodio iniziò la rivolta cretese contro l’occupazione turca. Bellissima una lettera di Victor Hugo scritta ad un giornale di Trieste in cui si racconta la vicenda.
Un luogo sacro per tutta Creta e c’era gente che si faceva i selfie davanti alla chiesa. A me veniva addosso una grande tristezza, un luogo così sacro e importante, sporcato dai chiacchiericci delle madri, urla di bambini che avrebbero dovuto divertirsi nel parco divertimenti. Insomma mi aspettavo un rigoroso silenzio di rispetto, invece.
Anche i gatti erano sonnolenti, quieti e pacifici. Non si muovevano nemmeno se ti avvicinavi a fotografarli. E dopo questo excursus nel centro dell’isola e nella sua storia più tragica, sono andato al mare, direttamente a sud ad Agia Gallini, la Santa Gallini, che non so chi sia. Un paesino turistico, infilato in una gola che non ha potuto permettersi un espansione orizzontale. Tutto sommato, a parte qualche struttura recettiva, non era un posto malaccio. Superata la falda della montagna a nord del paesino, si può arrivare alla spiaggia. Peccato per il vento fortissimo. Siamo stati un’oretta a impanarci sulla sabbia, dopo aver mangiato, mater, una “piccola coppetta” devasto di gelato grande quanto un’anguria.
E così abbiamo fatto ritorno tagliando per l’entroterra da sud verso nord.