Ieri, il sonnolento e luxury resort ci ha offerto come spettacolo serale le canzoni di “Nick and the Band”, un gruppo cretin… ops cretese, che ci ha allietato la serata con musica revival, e canzoni reinterpretate. Notevole lo sforzo, ma erano fuori contesto e troppo seri. Con un inglese plasticoso, senza accenti, con i thank you slavati. Il Verdinakis mi sembrava un po’ un bimbominchia, un po’ troppo cresciutello per dare una parvenza di teen band. Gli altri mi sembravano più orientati nel loro ruolo. Ci hanno propinato un rock slavato, poco incisivo, trasgressivo a tal punto da far tenerezza. Ma tutto sommato è stato lo spettacolo migliore rispetto alle serate precedenti di cui è meglio glissare con un degno silenzio.
Oggi, il cielo era grigio, ha piovuto nella notte, nuvoloni erano addensati sopra di noi. Ho imparato la lezione. Andare subito nella parte meridionale dell’isola. Infatti, ci siamo lasciati il brutto tempo alle spalle. Questa volta ho deciso di vedere le gole di Imbros. Non ero sicuro perché comunque erano tanti chilometri su un sentiero faticoso di sassi acuminati, che rotolavano via alla minima pressione…
All’ingresso principale, abbiamo litigato per il parcheggio. Ogni taverna ti faceva parcheggiare nel proprio. Se consumavi al ritorno non lo pagavi, altrimenti la tariffa era…, e giù di elencava una serie di prezzi.
In quella dove non c’era nessuno che faceva lo show abbiamo parcheggiato. Ci ho provato a percorrere la gola, su un sentiero tutto sommato decente ma il vento, veramente forte e fastidioso che ti colpiva al centro delle scapole, non ti permetteva di avanza. Dopo un chilometro, ho rinunciato non tanto per me, ma povera mater, incappucciato e col velo in testa. Prima che venisse rappresentata su qualche icona ortodossa come nuovelle eroina del XXI secolo.
Siamo tornati indietro, le pecore dietro i recenti beffarde ci prendevano in giro, ne ero convinto, col loro belare intenso, infastidito. Va’ che codardi! Ma io ho tirato dritto fino al parcheggio e non mi sono curato di quegli ammassi di lana. Ho augurato loro di essere carne buona su uno spiedino di souvlaki. Tié!
Ci siamo portati a Hora Sfakion. La fine del mondo, le colonne di Ercole, oltre… l’Africa. Un lungo serpentone vertiginoso di tornanti scendeva direttamente al mare. Volete provare l’ebbrezza di venire qui? Eccovi, accontentati. I cartelli erano completamente crivellati, piccoli e larghi fori lasciano intendere che qui non si scherza. Il buco è assicurato a chi non sta attento.
Miii, un po’ di paura me la incuteva quel posto. Anche poi trovare il parcheggio, tutti sclerati, tutti che gridavano. Un vecchio, di cui non avevo la minima sensazione che fosse lì per proporci una mini crociera, ci fa bussando al finestrino: “Outro, Platia, Gavdos?”. Cerco di sforzarmi per capire che cosa volesse. Gli chiedo: “In inglese”. E lui ripete le stesse parole. Glielo faccio ripetere spazientito per ben tre volte, anche il tipo che sembrava il padre di Popeye con quel barbone bianco sporco, dava segni di irritazione. Temevo di farlo arrabbiare e mi sono immaginato crivellato come quei poveri cartelli stradali. E poi sconsolato va via. Soltanto dopo un’ora, dopo aver fatto il giro del paese, capisco che i nomi farfugliati erano tre località. Ma metterci una parolina, come island, village, cruise? No? Io, che vuoi che capisca da tre parole greche? Mica “sole, cuore, amore”! Mi è salito il crimine ma mi sono spento subito prima di fare una brutta fine. Davvero.
Alla spiaggia di Vrissi, piccolissima, una mezzaluna perfetta, piena di sassi e ombrelloni, ho deciso di farmi un bagno non previsto. L’acqua era perfetta, cristallina. Mi sono tuffato per spegnere le arrabbiature.
Siamo scappati di lì, immediatamente. Il forte veneziano di Frangocastello non è proprio quello che noi abbiamo in mente di un castello, ma sempre la sua bella figura la fa… Bella questa costruzione merlata proprio prospiciente il mare. Peccato per le mila auto che hanno parcheggiato a ridosso delle mura.
Sconsolato, mi sono fermato a Plakia. Sulla cartina a uno sputo, in realtà lontanissima perché per arrivarci dovevi percorrere una strada panoramicissima ma altrettanto vertiginosa. Uno strazio, per poi? Arrivare a un paesello insignificante, bruttino e, peggio di tutto, senza negozietti per turisti e la spiaggia con il mare non è era poi un granché. Peccato, perché era il nostro ultimo incontro con il sole, la spiaggia, l’azzurro e tutto il resto…
Abbiamo deciso di tornare in albergo, consapevoli di incontrare le nuvole e il brutto tempo. Però la strada, forse per consolarci dai disagi subiti tutto il giorno, ci ha offerto uno dei paesaggi più belli e maestosi della Grecia. Siamo passati dal canyon Kourtaliotiko, o qualcosa del genere. Indimenticabile, pochi chilometri ma spettacolari. Ho fatto diverse soste per ammirarlo e fare fotografie. Alla fine, il solito paesaggio dell’entroterra. Arrivati a Rethimno, abbiamo girato a sinistra fino al nostro albergo.