La cena di ieri, quella dell’albergo, mi sembrava proprio presa da un menu turistico di bassa qualità. Abituato a buffet pantagruelici, il menu à la carte era proprio misero. Però quelli dell’albergo si vantano di usare il logo di Masterchef…
Boh. Abbiamo mangiato giusto perché avevamo fame, ma altrimenti avrei lasciato lì il tutto. E il dopocena è stato un breve ma intenso giretto sulla spiaggia della Marina… Un posto incantevole, con un fracco di gente e una moltitudine di bambinetti che avrei affogato ben volentieri nel mare. Il video che ho fatto era proprio su quella spiaggia.
Stamattina, finalmente all’Expo. Dopo colazione, abbiamo preso la metropolitana e ci siamo subito diretti alla stazione Expo, dopo otto fermate rispetto alla nostra. Il treno era completamente vuoto. Niente code chilometriche e resse. Siamo arrivati, abbiamo mostrato il green pass e il qrcode del biglietto di entrata. Fine. Nulla di più, cinque minuti netti eravamo nella piazza Al Wasl, nella quale convergono i diversi petali dell’Expo, ognuno di un colore diverso e di un obiettivo.
Il cielo non era grigio, nemmeno azzurro. Era bianco, lattiginoso, denso, non si capiva se fosse nuvoloso o sereno. Alla mega tensostruttura al centro di Expo, abbiamo girato subito a destra, nel petalo azzurro, quello della mobilità. Ordinatamente ci siamo fatti i padiglioni di quegli staterelli di cui conosci a malapena i nomi, come Palau, la Micronesia, Kiribati. Ci siamo perso in qualche stato arabo e caraibico. Tra questi c’era quello bellissimo della Santa Sede, il Vaticano, piccolo, tutto di marmo, elegante, con una piccola riproduzione della Cappella Sistina. E lo spettacolare padiglione del Messico, tutto di vetri e sembravi di essere sospeso davvero nel vuoto. Mater non riusciva a camminare. E io ridevo come un pazzo.
Quando ci siamo impegnati per affrontare i padiglioni seri, è venuto giù lo sciacquone, durato non più di 5 minuti ma che ha mandato in tilt tutta l’Expo. Ripeto, qui impazziscono tutti per quattro gocce. Se dovessero venire a Como, morirebbero all’istante. Il padiglione ALIF è stato veramente esagerato, è uno dei cinque padiglioni tematici. Non ricordo quale tema ma si sono proprio superati con effetti speciali strabilianti.
Dopo uno spuntino delle una, abbiamo visto l’Australia, il cui padiglione era bello sigillato, un compartimento stagno e non ha subito il dramma della pioggia. Poi siamo saliti su una macchinetta e ci siamo fatti scorrazzare nel distretto verde, quello della sostenibilità, per raggiungere il tendone Italia. Ovviamente erano chiusi, tutto bagnato. Per forza è coperto soltanto da corde. Così siamo stati nei padiglioni vicini. La Spagna, proprio brutto, con dei coni che sembravano quelli che delimitano le carreggiate. La Nuova Zelanda, spettacolare. Bello, pulito, essenziale. Con queste due cascate ai lati che ti facevano proprio assaporare l’acqua, l’umidità, quella patita dalla protagonista del film Lezioni di Piano. Ti mancava il Badedas e mi sarei fatto ben volentieri una doccia. Nel padiglione della Slovenia, ho fatto il saputello. Chi di voi sa dov’è la Slovenia? Vicino all’Italia, rispondo da secchioncello acido. E tu di dove sei? Dell’Italia. E giù tutti a ridere.
L’Olanda ti offriva per lo spettacolo degli ombrelli che dovevi aprire, nella cui stoffa venivano proiettate delle immagini. Spettacolare sul serio. E poi ci siamo fatti forza e siamo arrivati in quello italiano che nel frattempo avevano aperto. Una coda lunghissima, che non trovavi da nessuna parte. E lì il genio italiano. Ho saltato la fila. Ho spinto Mater a cui le ho chiesto di fare uno sguardo supplichevole, proprio davanti ai ragazzi della security. La vedete questa povera donna? Elderly people! Eightytwo, vecchia e rinco… ops. Ok, siamo riusciti a passare indenni.
L’Italia è per ora il più brutto, senza un motivo dominante. Dentro un tendone, poi c’erano i lampadari diamantati di non so chi, i vestiti degli stilisti famosi dentro teche come nemmeno alla Rinascente, una misera saletta nella quale venivano proiettati i filmati delle regioni su schermi led di bassissima qualità e di una lentezza esasperante. Non parliamo poi del Davide. Che stupidi. Proprio, il genio italico davvero in vacca.
E infine abbiamo visto quello degli Emirati. Spettacolare, perfetto, elegante e senza sbavature. Non c’erano effetti speciali, ma quintalate di sabbia vera del deserto. Incredibile. E poi siamo tornati. Ci ha accompagnato un robottino che non capiva le parole di Mater, alla quale chiedeva come stesse. Ovviamente Mater rispondeva bene, grazie. E il robottino si bloccava, iniziava a fumare. Alla parola well, i suoi occhi sono diventati come cuoricini… E tutti giù a ridere.