La giornata è dedicata interamente all’Expo. Finalmente il cielo è sereno, con qualche nuvola alla mattina ma completamente terso nel pomeriggio. E finalmente! Dopo cinque giorni di tempo incerto.

Questa volta all’Expo non sono più riuscito a tenere a mente i padiglioni visti e quelli no. Avere un passaporto su cui collezionare tutti i timbri è quanto di più deleterio ci possa essere. Entri in un loop perverso con il desiderio di collezionarli tutti…

Poi alla fine, come oggi, non ti ricordi se questo padiglione o l’altro è stato fatto. E sfogliare le pagine del libretto non è di certo piacevole. Per non sbagliare, ho cercato di portarmi tra la zona verde e quella blu, sicuramente mi mancava qualche nazione.

Il padiglione sulla sostenibilità, chiamato Terra, grande, con questi fiori giganteschi che raccolgono l’acqua piovana quando piove, ha aperto alle 10 in punto. Ero il primo visitatore! La scorsa volta non ci ero andato perché il maltempo lo aveva reso inservibile. Ma per quattro gocce di pioggia!!!

All’interno, un percorso fatto di domande, a volte difficili, alle quali non sapevi dare una risposta: preferisci salvare un animale grosso o tanti animali piccoli? Boh… Che cosa avrei dovuto rispondere? Ma nemmeno il padiglione Terra è riuscito a darmela. Pazienza.

Sono uscito con molti dubbi in testa. Volevo rinfrescarmi nel padiglione di Singapore, nella cui entrata era stato installato un lussureggiante giardinetto verde, ma era chiuso senza un motivo. Così mi sono visto in ordine quello dell’Azerbaijan (bello, essenziale, elegante), quello dell’Uzbeskitan, non del tutto praticabile, del Brasile e del Qatar. Se non fosse stata per la piscina creata all’interno del tendone del Brasile, nella quale avrei rinfrescato ben volentieri i piedi, il padiglione non offriva niente di attrattivo. Anzi era tutto così miseramente spoglio. Invece il Qatar oltre che parlare del campionato di calcio, o qualcosa del genere, offriva una superba terrazza su tutto l’Expo.

C’era anche quello del Kuwait. Il loro tema di sostenibilità è di aver “sostenuto” i popoli palestinesi e dello Yemen. Ho pensato immediatamente a quei padiglioni nei quali sembrava che fossero i primi, che avessero tutte le risorse, ricchezze e futuro per andare avanti. Sappiamo ora che Expo è una grande menzogna e ci si fa belli nascondendo la polvere sotto il tappeto.

Credo poi di aver visto due padiglioni tematici, quello delle Donne e il Vision. Il primo interessante, ma pochi approfondimenti. Più che sulle condizioni delle donne si parlava di parità, di uguaglianza, di identità di genere. Un padiglione votato alla sinistra del political correct. Solo qualche immagine per ricordare la violenza delle donne, e una carrellata di importanti personaggi che sono primo ministro o capo dello stato.

Il Vision voleva celebrare la mania di grandezza di sua Maestà Sceicco Mohammed bin Rashi Al Maktoum, Vice Presidente e Primo Ministro degli Emirati e sindaco di Dubai. Una cosa faraonica, tutto di marmo, un cavallo scolpito nella pietra alto 15 metri. Veramente la grandeur napoleonica di questo personaggio, che ha fatto espandere la città di Dubai ai livelli che conosciamo tutti. Tra gli oggetti di valore anche un anello di non so quanti mila anni fa che è stato preso d’esempio per fare il logo di Dubai.

E visto che ce l’avevamo di fronte, abbiamo fatto un salto in quello della Germania. Grande, bello, fatto dai giovani, interattivo, ipertecnologico. E poi il personale estremamente gentile. Dalla Tedeschia non te lo saresti mai aspettato. Una ragazza crucca ha fatto ballare Mater sulle note della Macarena, come se fossimo in un Club Mediterranee. Ovviamente Mater era completamente fuori tempo ma si è divertita tanto. Nell’auditorium, eravamo tutti seduti su un’altalena e a tempo ci dovevamo dondolare: con la nostra forza e energia sprigionata dal movimento delle nostre seggiole dovevamo far alzare delle palline che rappresentavano il livello d’energia prodotto per liberare il mondo. Mater è diventata una bambina.

Dopo di che ci siamo fermati nella piazzetta di fronte e abbiamo mangiato una pizza margherita di Domino’s. Ok, non era niente di che ma almeno qualcosa di diverso. Ci siamo seduti attorno a un tavolo e ci siamo cullati dal tepore del caldo. Poi abbiamo ripreso il nostro giro per i padiglioni.

Essenziale quello del Portogallo. Tutto bianco, pulito, asciutto senza una sbavatura. Su una parete interna delle maioliche azzurre, messe in maniera disordinata, ricordavano la terra lusitana. Quello del Canada era assolutamente insignificante. Simpatico quello delle Filippine, nel quale dovevi fare un lungo percorso per arrivare nella terrazza. Almeno dall’alto c’era una bellissima vista.

Poi diversi padiglioni del Sud America per arrivare a quello della Thailandia. Volevamo stupirvi con effetti speciali e ci siamo riusciti. Proprio bello ed elegante, con video stupendi e accattivanti. L’immancabile balletto con draghi, principesse con lunghissime unghie pitturate, rulli di tamburi, cartoni animati sullo sfondo.

E poi siamo tornati indietro. Stanchissimi. Senza nemmeno salutare il robottino.