Ieri sera ho rischiato seriamente di saltare la cena. Già mi vedevo vagabondare per le brulle lande desolate della bassa Scozia alla ricerca di cibo ma ieri per tutto l’oro del mondo non sarei uscito e avrei fatto digiuno.
Infatti, dopo tutto il freddo patito sui moli del porto di Dunbar, mi ero ripreso con la doccia ultra bollente. Ero così acclimatato che proprio non avrei usato l’auto per andare in giro. Confidavo nel mio pub accanto all’albergo. Era aperto, avevo letto l’orario di chiusura. Alle 19.50 mi trascino per il vialetto che collega i due edifici. Già mi pregustavo una cena british, anzi scottish, al calduccio, vivendo la meglio gioventù di Dunbar.
Entro dalla porta: for dinner? Sorry the kitchen is closed. Mi cade il mondo addosso. Ma come? È scritto che è aperto fino alle 22! Only the bar! You see? It’s written here. Il ragazzo con la barba mi squadra con un sorriso. Non comprende la mia disperazione. Volevo chiedergli come i cittadini di Dunbar riescano a sopravvivere al primo giorno dell’anno. Mi viene da piangere. Quel poco di calore che avevo trattenuto incomincia a disperdersi. Sarei in grado di mettermi in ginocchio, come la cantante Duffy nella sua Begging You. In realtà si piegava soltanto perché la gonna tubino le permetteva limitatissimi movimenti, prima che esplodesse tutto.
Mi giro di scatto, piccato, indignato, con la voragine al centro dello stomaco… esco, mio malgrado non saluto lo scottish… So che devo premunirmi di arco e frecce e andare alla ricerca di cervi nella notte fonda. Mi fiondo direttamente al Mc, dietro il benzinaio. Non voglio ma devo. Pazienza.
Entro e a momenti faccio uno scivolone da film. Stavano lavando il pavimento. Pattino fino al bancone, mezzo sbilenco, come la Cuccarini. Mi aggrappo con tutte le mie forze. La signorina mi guarda con uno sguardo trasparente, come se non esistessi, come se il pezzo da circo a cui ha appena assistito non fosse mai avvenuto, May I take your order? Ma certo, mi dia tutto il fish and chips della Scozia… Pardon? Ah, scusi. Un bigmac e una coca zero. Patatine very large… Appoggio il bancomat e tiro un sospiro di sollievo. Almeno per stanotte sono salvo…
Trangugio tutto, scartando i cetrioli. Quello che lava i pavimenti a momenti mi passa il mocio vileda sulle scarpe. Hei? Ma sei scemo? Infastidito da tutto e da tutti, dopo aver ingoiato l’involtino di mele e non so cosa altro, rotolo dalla collinetta e plano direttamente in camera. Fine della storia.
Stamane, alle 8 era tutto buio, letteralmente buio ma il cielo era sereno. Mannagia, ora, che dovevo partire! Volevo fotografare il DunbEar, un orso yoghi in mezzo al parco, dietro al Mc, simbolo scherzoso della città. Era però tutto ghiacciato, l’alba sembrava un miraggio, questa linea arancione ferma impallata contro il cielo scurissimo. La brina mi entrava fin dentro all’ultimo bronchiolo. Al diavolo all’orso… Fatta una foto tremolante di freddo e via.
Cerco di contenermi nella guida, a non più di 40 miglia. Avevo tutto il tempo. La strada era bianca, prima di trovarmi nel mare e perire in questo mondo ostile. Piano, piano, ascoltando Radio Capital, dove il presentatore si sgolava annunciandoci il primo lunedì dell’anno. Azz, che sfiga. Intanto mi toccavo. Tra il ghiaccio, il freddo, la delusione cocente per la cena di ieri, potevo anche suicidarmi…
Il sole arriva, con comodo, mentre ero ormai a Edimburgo, anzi no, a Leith, il quartiere sfigato di Edimburgo, che deve aver vissuto momenti migliori. Volevo vederlo visto che non ci ero mai stato. Tutta una zona industriale, mi sembrava di essere nel film Full Monty. Arrivo in centro, un parcheggio di sfrodo, tre secondi netti per due fotografie e mi rifugio in auto, prima di morire assiderato. Ok, quello che volevo vedere l’ho visto. Pure la sede del Governo Scozzese ma non ho avuto il coraggio di fermarmi ancora.
Arrivo quasi all’aeroporto. Faccio benzina. Prendo la cioccolata della Costa e un doughnut. La cassiera mi offre un biglietto di una lotteria di non so bene cosa, finito dritto dritto nel cestino. Divoro la ciambella, provo a bere la cioccolata. Sento l’ustione divampare in bocca. Mi sembra di essere il drago di Mago Merlino. Ma dico? A quale temperatura preparano la bevanda? Lancio un’urlo, mi viene da leccare la lamiera congelata dell’auto ma sarei finito direttamente in qualche psichiatria di Edimburgo. Piano piano cerco di farmi passare l’ustione e arrivo in aeroporto…
Beh, diciamo che c’era il mondo intero, e non scherzo. Era pieno come un uovo, non potevi neanche accedere alla sala dei controlli che una marea infinita di gente si era data appuntamento lì. Sembrava di essere alla Street Parade. Un’ora e mezza solo per il controllo. Allucinante. Pazzesco. Ma tutti al due devono rientrare? A quanto pare…
E così anche questo viaggio è finito… Mi sono reso conto che sto invecchiando, e non lo dico per scherzo. Non sopporto il freddo, non riesco a essere lucido, e non riesco più ad affrontare con spirito critico le terribili rotonde del regno unito, che per affrontarle devi sapere anticipatamente dove devi andare altrimenti occupi un settore della rotonda che non dovresti e gli inglesi, ma non solo, non so come si chiamino gli abitanti del regno unito, regnounitesi?, si arrabbiano e iniziano a suonare il clacson, che per loro è ancora un tabù… E quando lo suonano sono cazzi.
Non so per quanto tempo riuscirò ad essere così autonomo ma non demordo. Ci sarà sempre un pezzo di mondo che mi aspetterà e mi aprirà le braccia, anche vecchio e rintronato…