Le isole sono la dimensione ideale per me, non importa se grandi o piccole. Basta che siano circondate dal mare e abbiano qualche montagnucola. Ho preso la cartina della Grecia e ho cercato tutte le isole. scartando quelle lontane, ne restavano poche nei dintorni. Purtroppo, i traghetti non trasportavano l’auto o non garantivano un servizio regolare come speravo. Ero sul punto di rinunciare quando mi accorgo di questo lembo di terra quasi attaccato alla terra ferma. Tecnicamente è un’isola, collegata da un ponte. Evia dà un bacio al continente e preferisce essere da sola.
Ok, va bene per Evia, in greco Eubea, o in italiano antico Negroponte.
Dimentico la Grecia continentale, anche perché davvero mi sarei perso e non avrei saputo bene dove andare, ma soprattutto avrei rischiato di fare tanti chilometri per nulla.
Ho prenotato due notti a Limni, nel nord dell’isola. Mi sembra un buon compromesso dove festeggiare il mio compleanno.
Ieri mattina, dopo un’alba mozzafiato, mi sono diretto a nord. Ho evitato l’autostrada, pentendomene presto. Attraverso la periferia di Atene, sciatta, con case brutte e centri commerciali. Il mare non è per niente valorizzato. Passo mille incroci e altrettanti semafori fino a Maratona. Il tempo è incerto, ma proseguo, perché il viaggio è lungo, quasi 200 chilometri.

Sono sulle alture dell’Attica, tra curve, tornanti e vegetazione completamente carbonizzata. I paeselli diventano minuscoli. Con fatica arrivo all’autostrada, mancano 41 chilometri a Evia. A mezzogiorno arrivo a Calcide, l’ingresso dell’isola, una città brutta, con casermoni, speculazione edilizia e un traffico micidiale.
Volevo fermarmi, ma vista la bruttezza preferisco andarmene e lasciarmela alle spalle.
La strada si inerpica su per i monti. Non c’è una litoranea. Il tempo tendenzialmente è brutto. Mi fermo in un paese, Prokopi, dove c’è la chiesa intitolata a San Giovanni il Russo. Mi incuriosisce questa connotazione. Sembra più che altro una minaccia.

Il paese è affascinante, con casette e una chiesa al cento. Il russo, cioè il San Giovanni, secondo i mosaici, è giovane, ha le fattezze gentili, non incute timore. Probabilmente l’epiteto russo ha solamente la connotazione geografica, niente di più.

Tutto intorno, sul piazzale, ci sono grigliate di spiedini. Mi viene una fame ma resisto alla tentazione. I gatti, già in fila per la loro razione di souvlaki, sono una presenza costante.

Arrivo a Limni con un sole splendente. Una cittadina che ricorda un borgo delle Cinque Terre, una Camogli rimpicciolita, senza turisti, traffico e speculazioni edilizie.
È la cittadina greca che ti aspetteresti di trovare. Mi perdo tra le casette dai portoni azzurri sul lungo mare. I gatti mi osservano. Sono tantissimi. Vorrei accarezzarli tutti ma appena mi avvicino scappano. Mi godo il sole, ammiro il cielo e il mare di un colore intensamente azzurro. Non mi delude. Entro in chiesa alla fine del mio giro. Ci sono alcune persone. Peccato che stiano attorno ad una bara. Che è aperta. Ma stanno celebrando un funerale. Horror channel. Scappo immediatamente.
Per il resto della giornata mi lascio andare nei colori del tramonto del mio appartamento, direttamente sul mare. Uno spettacolo unico. Ecco perché desidero rimanere su un’isola.
La calma e la tranquillità del tramonto sono state spazzate via nel giro di un paio di ore. Il vento freddo si è alzato e ha sferzato il mare che si infrangeva sulla roccia. Il lungomare è diventato uno spettacolo di onde alte due metri. Se non stavi attento ti lavavano. Cerco il ristorante. Le due cretine che mi accolgono con fastidio, per non sporcare il ristorante e salire le scale, mi fanno mangiare di fuori, sotto il portico, al freddo e al gelo. Mi dicono che la sala è riservata. Lo so che mi stanno prendendo in giro. La rabbia mi sale, ma dovevo mangiare. Purtroppo non c’erano altri ristoranti nei dintorni e avevo fame. Mi sono chiuso per bene la felpa che era insufficiente e mi sono seduto il più lontano dalla strada. Ogni tanto le gocciole del mare mi raggiungevano e le folate del vento si intrufolavano nel portico. Un freddo incredibile. Non avevo intenzione però di mangiare i ravioli al brodetto di pesce.
Me ne sono andato via schifato e inviperito. Ho lasciato subito una pessima recensione su Google. Mai più.