Dove eravamo rimasti? Ah sì, ero in camera a cercare di capire come funzionasse lo scaldabagno per fare una doccia. Cerco e ricerco nel monolocale. Nessun quadro elettrico, nessun interruttore. Sposto il letto, controllo dietro i quadri. Alla fine, disperato, chiamo Denis. Mi risponde in italiano. Guardo fuori dalla finestra, forse è lì nel patio a spiarmi. Come si accende la doccia? Glielo chiedo con il tono di chi ha provato di tutto e si sente ormai sconfortato. Lui inizia a parlarmi in un italiano fluente, senza inflessioni né zoppiccamenti. Sono sempre più incuriosito. Guardo di nuovo fuori dalla finestra. Forse ho sbagliato paese.
Dopo una breve risata, mi ha detto: lo vedi il letto? Sì, ho il ginocchio contro, visto lo spazio esiguo. Vedi la cordicella sopra il cuscino che pende dal soffitto? Si, eh? Ecco, tira. Gli volevo rispondere: ma mi stai prendendo per il culo? Così papale papale, ma mi sono trattenuto, ho afferrato la corda e sento lo scaldabagno emettere un rumore elettrico, esce uno zampillo di acqua. Evvai, funziona.
Demis ha riso di nuovo, con quella voce di chi si compiace di aver risolto il problema. Ha una bella voce. Sai in inghilterra -a dire il vero siamo in Irlanda – gli ribatto subito dopo, siamo abituati così, a spegnere la corrente. Ho capito, e la spegnete con una corda tipo catenella che devi tirare se affoghi nella vasca da bagno?
Sono basito, ci lasciamo, io infastidito, proprio da chi ti ha appena preso in giro, lui con la voce da mascalzone. Vedi quella corda, sì, la userai per altri scopi quando la depressione ti schianterà al suolo…
La sera è passata via liscia lungo la via principale di Galway, nel quartiere latino. Ho parcheggiato davanti alla Caserma dei Vigili del Fuoco. Ne ho approfittato per qualche foto, nonostante il buio. Ho percorso tutta la via principale, sotto le luci natalizie. Il vento risaliva lungo il viale e mi spingeva sulla schiena. Molti italiani, irlandesi in calzoni corti e qualche negretto. I negozi erano chiusi ma i pub sono strapieni. Sono arrivato su in alto nella piazza principale. C’erano i mercatini di Natale, una giostrina coi cavallini e una piccola ruota panoramica, una Galway Eye in miniatura.
Mi sono fermato a mangiare fish & chips in un locale molto attraente ma con prezzi da turisti. Un pescetto infilzato in uno stecchino, quattro patatine e un bicchierino, come quello del limoncello, di coca-cola. Ma puoi? 20 euro. Le salse dovevo pagarle. Sono uscito che avevo ancora fame e due macchie di olio sui gomiti, talmente unti erano quei tavoli.
Mi sono fermato al supermercato del benzinaio e ho preso il dolce. Due gatti mi aspettavano al parcheggio. Ho lanciato mezzo biscotto ma lo hanno disdegnato.
Alle 9 stamattina, era ancora buio. Il vento soffiava disperato, le gocce di pioggia si infrangevano sui vetri con foga. Uscire non mi andava ma non potevo rimanere chiuso in camera tutto il giorno. Ho preso l’auto, mi sono lasciato alle spalle il Galway Hospice, proprio di fronte al mio albergo, e mi sono diretto in città. La pioggia cadeva incessantemente e con violenza, rinvigorita dalle raffiche di vento. Procedevo lentamente per evitare di ritrovarmi nel mare. Per fortuna c’era bassa marea. I gabbiani erano tutti schiantati a terra, affaticati, non volavano nemmeno. Ho deciso di andare almeno al monastero di Kylemore, rinunciando definitivamente alla passeggiata sulla montagna Diamond Hill.
Il vento diminuiva più mi allontano dalla costa, la pioggia concedeva una tregua. Ho approfittato per sgasare e arrivare prima per recuperare il tempo perso. Non c’era traffico. Il tempo sembrava fermo nella Connemara, terra fuori dal mondo. A mezzogiorno ero all’abbazia. Ho pagato i 17 euro di ingresso e ho visitato il castello, il parco, la cattedrale neogotica. Me la sono presa con comodo tanto il tempo non migliorava.
Mi sono svegliato dal torpore sonnolento in cui versavo durante la visita perché lo stomaco iniziava a farsi sentire. La tentazione di entrare nel ristorante del monastero era forte ma ho resistito. Non volevo spendere soldi inutilmente. Mi sono diretto in fretta e furia a Clifden, una cittadotta romantica affacciata su un piccolo fiordo, riparata dalla furia dell’Atlantico. Mi sono fiondato in una pasticceria e il resto, lo sapete già… Al di là del cibo, scofanato in 30 secondi netti, mi piaceva la location. Direttamente affacciato sul fiordo in una posizione bellissima. Mi sono seduto accanto alla finestrella e non mi stancavo di ammirare il verde, le nuvole che sembravano meno minacciose, i gabbiani che volano impazziti e liberi.
E così una breve sosta alla Lidl per l’occorrente del Capodanno e via dritti verso Galway, dove sono arrivato con il buio e un traffico micidiale.