Sveglia presto perché dovevamo andare in gita con la barca. Ci siamo concessi questa esperienza come ultimo giorno qui di permanenza prima della partenza. Siamo riusciti a organizzare il tutto anche grazie al proprietario del Bed senza Breakfast. Evidentemente la cazziata che gli ho tirato domenica scorsa è servita. In questi giorni, mi ha sempre mandato whatsapp per chiederci se andava tutto bene, per informarci dell’interruzione dell’acqua, per consigliarci i ristoranti e per dirci dove avremmo preso la barchetta.
Alle 6.45 eravamo al porto. Diciamo che mi è venuta l’ansia nell’affrontare il megagalattico traffico del Lunedì attorno a Mamoudzou. Neanche Como si sogna una congestione del genere. Abbiamo così bighellonato nella piazza tra l’ufficio turistico e il mercato coperto che era ancora sostanzialmente chiuso.
Nuvoloni si addensavano proprio sulle nostre cape e io imprecavo, perché fin’ora abbiamo trovato il sole. Oggi, visto che dovevamo fare la gitarella, niente.
Aspettiamo il responsabile di Mayotte Découverte, siamo con altri due (forse madre e figlio – quest’ultimo aveva la cartina di Mayotte tatuato sul braccio, ma come si fa?). Alle otto, ci viene comunicato che dobbiamo traslocare nella barchetta accanto della Sea Safari Blue Mayotte, dove erano già presenti alcuni ragazzi, perché l’altra copia è stata risucchiata nel bouchon di Mamoudzou. Gli improperi che sono stati elevati dalla barchetta. Alzarsi prima, no?
Comunque partiamo puntuali, Mater fa lo show, si sente la “vecchia” dunque autorizzata a ricevere le attenzioni da parte di tutto il gruppo. Un ragazzo malauguratamente dice di parlare un po’ di italiano nel caso non riuscissimo a capire tutto. Non l’avesse mai fatto! Mater gli si è attaccato come una patella e ha iniziato a parlare della sua vita, dal matrimonio fino alla morte del marito, dilungandosi sul suo viaggio in Ghana, che è sempre Africa. Io mi sono nascosto per non sentirla.
Il guidatore della barchetta, un pazzo scatenato, il capitano Achab della Mayotte, era alla ricerca delle balene. Abbiamo sfondato la barriera corallina a tutta velocità e in mezzo al mare aperto ha inseguito ogni tipo di balena. Non so come le facesse a vedere anche a due chilometri di distanza. Di ognuna sapeva il nome, la specie, la targa e la revisione; se era femmina, o che ne so… Io ero davvero impressionato. Ma quando ne vedeva una, partiva a razzo, sfidando le onde, prendendole in pieno, e arrivava come un forsennato. Ci gridava “A gauche, a droite, a le neuf, a le troi…” E io che ovviamente non vedevo niente.
Sì, qualcosina ho visto, soltanto quando ha inseguito due balene che si tiravano le pinnate per la femmina poco dietro. E lui infervorato, gridava come un ossesso: “siamo nel pieno del combattimento”. Queste povere balene ovviamente con la barchetta in mezzo alle palle, si sono un po’ incavolate, passando sotto la chiglia. E lui si lanciava dritto, gridava. Io non sono riuscito a fare una foto decente, tutte storte e forse qualche pezzo di balena. Tutti eravamo sconvolti e completamente lavati dalle onde che imbarcava. Mater che pregava la Madonna di Fatima di ieri.
Io ero pronto a sedarlo nel caso in cui avesse avuto altre mattane. “Meravigliose, stupende, brave, super”. E applausi a destra e a sinistra. Giuro che se non si calmava, l’avrei buttato in mare. Ma a quanto pare tutti erano divertiti. Io stravolto, lavato da cima a fondo. Mater con la sua piega dei capelli irrimediabilmente rovinata era immobile. Dopo tre ore di giravolte, di cavalcate in mezzo al mare, di scossoni che neanche sulle giostre a Gardaland, improvvisamente la ragione entra dentro di lui.
Ci fermiamo nell’isolotto bianco tra Mayotte e l’isola a nord, proprio nella laguna. La calma è tornata. Le acque finalmente placide. Ma il sole, ‘sto bastardo, era dietro le nuvole. Che nervoso! Brindiamo alla vittoria di Achab e alla sua Moby Dick con un punch very alcoolico. Io mi sarei scofanato di tutto per calmarmi. Mater lo beve come se fosse il solito limoncello. Infatti, poco dopo inizia a parlare in italiano. Il ragazzo francese si butta in acqua per nascondersi. Io mangio il mio piatto mahoriano di alcune cose gialle, riso, pomodori, curcuma e pollo. Mater non vuole mangiare niente e rimane col suo tasso alcoolemico elevato. Poi mi tuffo anch’io, finalmente, nelle acque turchesi. Anche perché devo fare pipì, visto che non c’era altra soluzione. Raggiungo l’isolotto bianco, che nel frattempo si era ormai quasi coperto dalle acque. E ritorno alla barca. Faceva freddo, non per la temperatura, ma gli alisei erano proprio freschi.
Ovviamente tempo di tornare, il cielo diventa perfettamente limpido, sereno, perfettissimo. Intercedo dentro di me alla Madonna di Fatima e non solo! Mater nel frattempo incomincia a rosolarsi al sole. E dopo due ore, dopo aver visto i delfini, che evidentemente non scatenavano il sacro furore di Achab, siamo tornati al porto. Però prima abbiamo visto le mangrovie. Un posto che ho conosciuto molto bene, perché eravamo in prossimità del nostro Bed senza Breakfast, ma vederlo dalla barca, senza la fogna delle bidonville e della zona industriale era tutt’altra cosa. Così come l’intera isola vista da lontano, dove si poteva solo scorgere la natura, dimenticandosi per un attimo delle baraccopoli.
Arriviamo trionfanti al porto, come se avessimo catturato per davvero Moby Dick e ci salutiamo con tanti abbracci e baci, salutoni, bisubisu… Mater nonostante tutto ha apprezzato, e se non lo ha dato da vedere, quando vedeva le balene, si sentiva infervorata. Per forza con il tifo da stadio che avevamo alle nostre spalle…