La spiaggia ieri l’ho cercata con ostinazione. Sapevo che non era molto lontana dall’albergo di Haugesund ma ero talmente cotto che temevo di perdermi. Anzi, a dire il vero, io volevo vedere il mare che era a poche centinaia di metri dall’albergo, ma il navigatore ha assecondato i miei desideri dopo aver sbagliato strada già all’uscita del parcheggio dell’albergo.
Ho lasciato che mi guidasse e qualsiasi destinazione avrebbe scelto avrei accettato senza dire niente. E infatti dopo dieci chilometri, in cui il mio stato di rincoglionimento non mi lasciava molta autonomia, mi sono ritrovato nella spiaggia. Mi sono ripreso praticamente subito. Ero felice. Questa mezzaluna di sabbia bianchissima, qualche alga, che si sbriciolava in tante isolette era bellissima. La presenza di alcune sdraio coloratissime mettevano un pizzico di magia. Era tutto così nostalgico e bello. Non ho potuto fare altro che un video, che avete visto sicuramente.
E poi, quando oramai non riuscivo più a tenere gli occhi aperti, quando lo stomaco reclamava la sua razione quotidiana, mi sono portato al Mc Donald. Ho divorato un mc Chicken e via. Non c’era nient’altro di aperto. E poi subito a dormire…
Oggi il tempo incerto. Dovevo avvicinarmi il più possibile ad Oslo. Ho prenotato l’albergo in una zona periferica ma facilmente raggiungibile. E così mi sono armato di pazienza e ho affrontato il viaggio di 300 chilometri. Il navigatore mi diceva di andare verso nord e ripercorrere la strada di ieri. Me lo ripeteva in maniera ossessiva. Così l’ho zittito spegnendolo e mi sono portato a Stavanger. Bellissimo il fiordo, attraversato con il traghetto. Peccato per il vento fortissimo. Ma era tutto molto suggestivo.
Ho deciso di vedermi la città di Stavanger. La mia idiosincrasia per le città mi imponeva di tirare dritto ma ho ascoltato i consigli di un amico. Appena pagata la mia ora di parcheggio, dopo aver tirato fuori la Visa dalla macchinetta, inizia a piovere… Incomincia la litania di santi… Ma ora che ero lì, che avevo pagato i miei tre euri per la merdosa di ora, bene, mi dicevo, affondiamo del tutto. Incurante della pioggia, mi faccio il giro in centro. Bello, carino. Peccato per quel monsone estivo… Percorro i vicoli cittadini e raggiungo la torre nel punto più alto, inzuppandomi per bene. Un’ora precisissima ed ero già al parcheggio.
Metto l’aria calda e la temperatura a 30 gradi per asciugarmi e scaldarmi. Ma il tempo non accenna a migliorare. Anzi diluvia che è un piacere. Seguo le indicazioni del navigatore che mi fa passare per l’entroterra. Non si vede niente oltre il vetro. Sbuffo. Sono incredulo e rassegnato. Guido con apprensione con la certezza che almeno dell’auto potevo fidarmi. Nuovissima, una Yaris ibrida. Non più di 1500 chilometri. Io gliene ho fatti fare di più. Mi infilo tra le montagne e avanzo…
Percorro tutta la 42 fino a Evje… Distrutto, mi fermo al supermercato. Mi prendo del pane, formaggio e del salame. Mi fermo al piccolo fiordo poco lontano. Un timido raggio di sole, mi fa dimenticare tutta l’acqua presa. Mangio soddisfatto sotto quelle macchie di azzurro. Mi godo il fresco, la natura e il lago. Sono ebbro di gioia…
E poi il miracolo. Il cielo si apre sempre di più, il sole irrompe prepotente tra le fronde delle pinete odorose, la luce soffusa ti accoglie, ti prende, ti fa respirare a pieni polmoni. Guido spavaldo, me lo posso permettere. Le strade lisce come panetti di burro, curve mai strette. Un dolce saliscendi e pochissime auto. Come non guidare in maniera sportiva e rilassata?
E in poco tempo (insomma alle 19, mica tanto “poco”) arrivo a Porsgrunn…