La domenica vuol dire una sola cosa: portare Mater a messa. L’unica chiesa cattolica dove viene celebrata è quella di San Francesco sul viale Dimokratias, a ridosso delle mura. A dire il vero c’era un’altra chiesetta, quella di Santa Maria e non so bene cosa altro, ma il culto iniziava a mezzogiorno.
La chiesa è alla fine della strada statale, ci arrivi proprio nel piazzale senza perderti. Una chiesa brutta, un parallelepipedo senza tetto, senza fronzoli, una specie di casermone, senza campanile, di lastroni di pietra. In fondo all’abside una gigantografia del Francesco in ginocchio mirante un Crocifisso illuminato. Le mani, il cuore e i piedi del Cristo e del santo sono legati da sottili linee gialle. Insomma un San Francesco con i superpoteri, con un volto un po’ inquieto. Potrebbe essere un Mazinga Zeta o un Goldrake. Mi viene da ridere a questi pensieri. Mi trattengo prima di fare delle figuracce. Ce n’è di gente. Mi siedo in fondo, nel bel mezzo della corrente d’aria. Ovviamente la messa è in greco, parte dell’omelia in inglese. Poi uno dei preti ci interpella: vuole sapere di che nazionalità siamo. Cechi, tedeschi, polacchi, italiani… Io alzo prontamente la mano e mi trattengo dal gridare e dal fare la ola. Insomma un po’ di decenza. Dopo un’ora e dopo essermi addormentato per bene sulla panca, la benedizione di congedo. Mater è contenta, l’incenso deve averle dato quella carica in più, o forse è il vino che ha ammorbidito l’ostia?
Dalla chiesa entriamo nella città vecchia, passando sotto la porta San Giovanni. Siamo nella Rodi caratteristica, quella sotto l’egida dell’Unesco. Mi guardo attorno è tutto così grazioso, così proporzionato, vialetti di sassi immacolati, casettine linde e gatti sonnolenti in ogni angolo. Arriviamo dopo pochi passi nella piazza principale, quella dedicata ad ippocrate. Miliardi di negozietti e turisti che ti appestano quel poco di aria che arrivava dal porto. Mi sono fermato alla fontana della piazza e non mi sono più mosso, mentre gli altri si disperdevano nei negozietti. La Rodi medievale è davvero sorprendente. Le mura intatte lungo tutto il perimetro del nucleo storico. Passiamo sotto la porta Elefteria, libertà, e arriviamo al porto antico, dove secondo la storia doveva esserci il Colosso, sui cui basamenti sono posti un cervo e una cerva simbolo della città. Tempo di fare una foto, di quelle da cartolina, trattengo la voglia di immergermi nel mare limpido e cristallino nella spiaggietta al centro del porto, che ritorniamo indietro. La stessa strada dell’andata, lungo le bancarelle e i negozietti. Una via crucis armato di pazienza e di sopportazione. Mi sentivo proprio come il Francesco dai superpoteri.
Ecco cosa vuol dire la domenica in un paese straniero. Il pomeriggio spiaggiato sotto l’ombrellone, ogni tanto mi trascinavo al beach bar e mi ingollava tonellate di Fanta. Altro spettacolo di cabaret questa volta