Dal tempio indiano, esco dal centro di Victoria e mi porto ad Eden Island che si è moltiplicata in questi anni. Me la ricordavo piccolissima. La mia intenzione era quella di andare alla Despar dove tutti gli sciuri facoltosi delle Seychelles fanno la spesa. Peccato che alle 18 fosse già chiusa. Che rabbia. Dovevo per forza di cose fare la spesa in un supermercato paki-indio-somalo… Ho soltanto fotografato una tartaruga di mare che sguazza beata tra gli yacht perché le case abitative, seppure lussosissime, erano terribili.
Scappo verso sud, sfruttando ancora per quei pochi minuti di luce. Ad Ains aux Pins, trovo due supermercati, da Dana’s o da Raji. Insomma non è che fossi messo bene. Entro in quello più illuminato come un albero di natale. Un ragazzo indiano con il pallino rosso sulla fronte, mi continua a sorridere. Voglio dire che oltre ai noodles, c’è poco altro. Vieni caro mio indiano che ti porto alla Esselunga e poi il confronto sarà impietoso.
Prendo i soliti paninetti con il formaggio e me ne scappo. La luce crepuscolare mi permette soltanto di individuare l’automobile bianca. Un tizio francamente ubriaco mi saluta, mi stringe la mano, vuole sapere che cosa penso delle Seychelles. Non mi sembra il caso di dare molta confidenza. Mi infilo nell’auto e scappo via. Tempo di arrivare al mio hotel e concedermi il riposo…
Oggi, come ultimo giorno, ho sistemato le robe e le valige alla ben e meglio e in modo precario. Sarei dovuto partire alla sera per cui avrei avuto tutto il tempo di prepararmi meglio. Mi porto ad Ainse Royale, la spiaggia più bella in assoluto, probabilmente di tutte le Seychelles. Volevo vedere il mare, buttare la spazzatura – in prossimità delle spiagge hanno messo i bidoni, in albergo c’era solo un cestino la cui capienza era pari a quella di contenere un assorbente e visto che non sono donna…
Stavo per uscire quando sono stato colpito da un monsone tropicale – altro che pioggia a catinelle! – c’era un muro davanti. Non potevo neanche fare un passo. Tempo di sbuffare, smette improvvisamente il diluvio e in un secondo un cielo azzurrissimo. Non riuscivo a capacitarmi di questo cambio repentino. Il cielo era sereno e limpidissimo. Incredibile.
Alla spiaggia di Anse Royale, numerose famigliole creole avevano già predisposto il barbecue, cibarie varie e litri di alcool. I ragazzi mettevano musica a palla. Insomma un posto tranquillo, imbarbarito dalla presenza demoniaca di gitanti domenicali con l’ossessione del pollo arrostito. Sono riuscito a resistere solo mezz’ora ma poi era troppo anche per me.
Così decido per l’opzione nostalgia: ripercorrere gli stessi posti di sei anni addietro. Arrivo a Victoria dalla strada interna, quella di Mont Fleuri, per la presenza del cimitero più grande delle Seychelles, tappezzato da una miriade di fiori. Da qui il nome. Passo davanti all’ospedale centrale e subito dopo al giardino botanico. Mi lascio la cattedrale alle spalle e salgo per la terribile strada che porta a Beau Vallon. Bello se ci arrivi integro e se non ti schianti da qualche parte. Penso che sia una strada mortale ma tutti la percorrono in scioltezza. Io ad ogni curva a gomito rallentavo, mettevo la prima, mi accingevo a superare la pendenza e a non infilarmi nelle catidoie senza protezione. Curve e contro curve, con dislivelli vertiginosi.
Col cuore in gola, ho scollinato e sono arrivato fino a Beau Vallon dove finalmente la strada in piano era più percorribile. Mi fermo allo spaccio del pesce, in un ansa puzzolente del mare. Non mi accordo di occupare la cancellata del mercato così mi scaricano una tonnellata di pescetti proprio accanto alla portiera. Io diventò bordò, i pescatori, sdendati, puzzolenti, per lo più con i rasta, ridono a crepapelle. Voglio sotterrarmi. Invece mi aiutano a liberare il carico, sono tutti gentili. Mi dispiace averli criticati, sono stati tutti buoni con me. Sono una persona cattiva.
Proseguo fino a dove si ferma la strada, al ristorante La Scala, una terronata di cui non voglio pensare chi l’abbia progettata. Nello stesso punto di sei anni addietro parcheggio l’auto. Non essendoci Mater, decido di percorrere il sentiero Grand Ainse di 2 chilometri, tutto nella foresta pluviale. Uno spettacolo incredibile. Tenuto perfettamente, accessibile e non per niente faticoso. Per forza, a 10 euro a ingresso! Continuavo a guardarmi attorno, ammiravo la natura rigogliosa, tutto quello che vedevo era prezioso per me. Nel punto panoramico c’era una provvidenziale panchina dove ho raccolto i pensieri, le forze e il fiato e ho cercato di svaporare il meno possibile per l’afa insostenibile. Non avrei cambiato con niente al mondo quella passeggiata. Per fortuna che non c’era il sole, si poteva camminare senza arrostire. Era tutto perfetto. Al ritorno, presso la fermata del bus, ho trovato le stesse persone di 6 anni addietro: ho riconosciuto il vecchietto ciuco marnato con la vitiligine al piede. Poi c’era un simpatico incontro di donne tutte sul cassone di un furgonato. Hanno spettegolato alla grande, e tutte vestite di rosa. Che buffo.
Ho fatto fatica a riprendermi, dovevo avere una faccia pessima considerato che più di una persona mi ha chiesto se stavo bene. Ellapeppa, dai non ero così moribondo. Così verso le 16 mi porto al Coral Strand, l’albergo dove ho soggiornato nel precedente viaggio. Ho ritrovato tutto, esattamente come era allora. Un vialetto pedonale, parallelo alla spiaggia, il posto più turistico in assoluto dell’isola di Mahé. C’era l’universo, turisti, gitanti della domenica con carico di grigliata a seguito, alcoolizzati, rasta barcollanti che cercavano rimasugli di cibo nei cestini, accompagnati da una nuvola di ganja e ovviamente la pletora di baracchini dove potevi prenotare le gite per le isole… C’era una variegata vita sociale. Io però ero stanco. Dovevo mangiare qualcosa. Ho trovato una gelateria indiana dove mi sono scofanato una coppa di gelato super maxi. Più che per fame avevo il desiderio di raffreddarmi, non tolleravo più l’afa davvero terribile. Così ho trascorso le ultime due ore sulla spiaggia di Beau Vallon, quella da fighi, del jetset internazionale, quella in cui se ci sei stato, te la puoi scialare per i prossimi venti anni. Ho aspettato il tramonto, coperto per lo più da nuvole spettacolari. Ho fatto pure il bagno in mezzo alla marmaglia di bambini vocianti e asfissianti. Alle 19, nel parcheggio, mi sono trasformato da un turista mondano alle Seychelles, con tanto di infradito e costume, in un perfetto viaggiatore. Mi sono cambiato incurante di tutti, degli altri, che devo dire non prestavano attenzione. Mi sono lavato alla ben e meglio con una bottiglia d’acqua e ho questa volta sì, sistemato le valigie e lo zaino. Peccato che a ogni cinque minuti mi venisse in mente qualcosa e puntualmente non la trovavo. Il telefono, disfo tutto ma niente, alla fine lo trovo infilato sotto il sedile. Altri cinque minuti, gli occhiali. Ridisfo tutto e li trovo nel bagagliaio. Richiudi tutto. E infine, patema d’animo, il passaporto. Ridisfo per la terza volta, con la tensione palpabile e con la paura di non poter tornare indietro. Alla fine era infilato in un taschino del vecchio zaino per fortuna che lo avevo infilato nella valigia. Davvero mezz’ora di puro terrore e di panico e mai una volta trovare le cose al volo.
Tutto tutta questa check-list, finalmente parto definitivamente per l’aeroporto. Sulla strada della morte inizia a diluviare. Non vedo nulla, è buio, non riesco a calcolare le distanze, cerco di stare più in mezzo alla strada, la stessa cosa lo fanno gli altri autisti. Il diluvio mi crea un muro invisibile. Vado pianissimo, scollino, intravedo le luci della città. Giungo stremato a Victoria. Sono salvo. Almeno per i prossimi 15 chilometri c’è l’autostrada a due corsie, la gente può superarmi se vuole. Incredibilmente ora che è tutto in sicurezza, è completamente asciutto. Arrivo in aeroporto, faccio tre giri perché è tutto chiuso e i cartelli non ce ne sono, parcheggio l’auto da qualche parte, non lo so bene dove, faccio una foto che viene mandata al renter. Dice che va bene, per fortuna perché mi sentivo abbastanza disperato. E finalmente alle 21, faccio il check-in per tornare in italia…