Ieri, dopo aver fatto conoscenza col vicino, fugando ogni sospetto di essere un omicida, sono andato nella cittadina di Södertälje per la cena. Non vi dirò molto perché sia la città sia la steak house erano terribili. La prima è proprio un sobborgo di Stoccolma con palazzacci brutti brutti, invece la seconda era praticamente un kebabbaro che si vendeva bene.
Poi sono capitato durante la festa di compleanno. Non immaginate le galline urlanti e ubriache che facevano a gara per essere la più pheega delle altre! Mi è venuto un mal di testa e sono scappato nella mia “mansion” sul lago, che, lontano da tutti e da tutto, è stata un’ottima scelta.
Stamane il tempo era ancora brutto e non c’era possibilità che migliorasse. Così ho deciso che, rovinata la giornata ormai, di stare in città a Stoccolma. Però prima sono andato all’isoletta di Ekerö prendendo la chiatta Venus (che nome altisonante). Dovevo chiudere con il mio passato proprio da dove era iniziato il tutto. E ho ritrovato ogni cosa, sensazioni, ricordi, la chiesetta, il giardino, la pineta e la collina dalla quale sono sceso. Quel pezzo di mondo era intatto, proprio come l’avevo lasciato.
Ho fatto un salto anche a Drottningholms Slott, la residenza estiva dei reali di Svezia, patrimonio Unesco. Volevo fare un bel giro nel meraviglioso parco ma non sono riuscito a pagare il parcheggio. Prova con la Visa, una, due, tre volte. Prova con la Mastercard, una, due, tre volte. Non ne voleva sapere dei miei soldi… Così mi sono limitato a due fotografie e sono scappato a Stoccolma a dieci minuti d’auto.
Sono arrivato dritto dritto alla sede comunale, monumento nazionale, e questa volta il parchimetro ha accettato i miei sei euri per la sosta di sei ore (in realtà poi sono scappato mooolto prima). Bello il municipio, la visuale, lo spazio aperto, il chiostro, la quercia. E così mi sono fatto a piedi i tre chilometri che mi mancavano per il centro storico.
Purtroppo sentire le auto, vedere i palazzi, la gente, le vetrine mi è venuto a male così ho deciso di scappare. Sono passato fugacemente per la Svenska Accademy, quella del Nobel, ma il premio non era ancora pronto: me lo spediranno a casa. Ho circumnavigato il castello e me ne sono tornato indietro.
Basta, di Stoccolma, ne avevo abbastanza. Sono letteralmente scappato perché stare in città mi veniva l’orticaria. E poi vedere le ragazzine, vestite da bagascette di tutto punto fare i filmati di tik-tok, truccate e in atteggiamento da Ferragni, un’altra vestita come la Crudelia Demon, e la Casa Prina giocare a bocce nel campetto dell’oratorio della chiesa di fronte al comune… No, ne andava della mia salute.
Sono uscito di tutta fretta da Stoccolma, imboccando le rampe autostradali, attraversando periferie inguardabili della città e sono riuscito a vedere di nuovo il verde, l’ordine, le casette di legno, la pioggerellina che ho tanto benedetto. E ho respirato di nuovo.
Sono arrivato a Sigtuna, la prima e più antica città della Svezia. Non è cambiata dal 2004. La via principale, il piccolissimo municipio, le casette colorate. Davvero uguale a se stessa da non so quanti anni. E ci tenevo a vederla per riconciliarmi con il passato, per passeggiare sul lungomare. Assaporare il venticello e l’aria pulita. Non vedevo l’ora veramente di andarmene via dalla città.
Ho passato anche del tempo in una caffetteria dove finalmente, da non so quanto tempo, ho potuto bere un cappuccino bello caldo, riscaldandomi la pancia e l’anima. Se avessi la possibilità di rimanere, so che potrebbe essere un posto che sceglierei, sebbene si trovi in Svezia, che non amo molto ma ci potrei vivere.
Stasera albergo del ristorante. Un posto plasticoso, vicino all’aeroporto. Ma domani devo alzarmi presto e non posso perdermi il ritorno.