Varzi non è San Remo. Considerazioni sullo stemma civico.
Il 23 maggio 2024, con Decreto del Presidente della Repubblica, è stato ufficialmente concesso lo stemma di Varzi, la più piccola città della Lombardia, titolo ottenuto nel 2021 durante l’amministrazione comunale eletta nel 2019. Lo stemma, di orgine antica, trae ispirazione da un disegno ritrovato sul soffitto di una sala del vecchio municipio.
Già presente in un diploma di fine Ottocento, conservato presso la sede del Tiro a Segno – sezione di Pavia, lo stemma figurava anche nel ricco gonfalone e nei timbri comunali. L’11 giugno 1931, l’amministrazione comunale guidata dal sindaco Giovanni Celasco avanzò formale richiesta di riconoscimento dello stemma. Tuttavia, la pratica si arenò a causa della Commssione Araldica Lombarda, che nella seduta del 23 maggio 1931 invitò il Comune a fornire prove documentali sull’asserita antichità dello stemma. Con un ulteriore richiamo, la commissione, un anno dopo, espresse gli stessi dubbi: “Non sono stati prodotti documenti probatori dell’asserito uso dello stemma da tempo immemorabile… e l’emblema della croce rossa, se non è il noto simbolo moderno, deve essere chiarito…” Il parere si concluse con una nuova esortazione a produrre documenti.
Da allora il silenzio.
Oggi, con l’approvazione da parte della Presidenza del Consiglio dei Ministri, dopo aver avviato la pratica di “concessione” e non più di “riconoscimento”, lo stemma ha ottenuto la sua approvazione. Purtroppo, il risultato finale appare discutibile sotto diversi aspetti. La qualità grafica dei bozzetti ufficiali, facilmente reperibili in rete e nei documenti comunali, di cui evito accuratamente di commentare, lascia molto a desiderare. Inoltre, la relazione araldica redatta dalla dottoressa Valentina Ferrari, anch’essa reperibile in rete, presenta alcune ingenuità che sollevano perplessità.
Il “campo di cielo”, introdotto per salvaguardare e valorizzare la povera colomba (che doveva essere “d’argento” anziché “al naturale” come nello stemma originale), ha trasformato lo stemma dal sapore decisamente sanremese. È importante sottolineare che la colomba non è solo simbolo di pace, ma rappresenta soprattutto l’appartenenza storica al Monastero di San Colombano, come attestato da un diploma del 993.
La “croce scorciata di rosso”, irrisa dalla Commissione Araldica, è un omaggio ai liguri, non certo alla nota associazione, ancora troppo giovane e poco coinvolta rispetto all’antichità dello stemma. Varzi, infatti, è storicamente un luogo di transito e trae la sua floridezza proprio dalle tre regioni confinanti oltre dalla Lombardia.
La corona marchionale, simbolo dell’antico marchesato degli Spinola, una famiglia che estese la propria influenza fino alla Toscana e alle Alpi Apuane, è stata sostituita da una semplice corona turrita, scelta che appare poco coerente con la storia di Varzi. Io che sono legato a Varzi per diversi motivi, il bellissmo borgo incastonato negli appennini liguri, una manciata di case, l’idea che possa essere legato alla struttura di una vera propria città, mi fa sorridere. La corona marchionale avrebbe potuto essere invece un tributo alla rilevanza storica del borgo.
Infine, la disposizione degli altri elementi – la colomba e la croce scorciata di rosso – messe lì a muzzo -, sembra priva di un nesso logico. Dal momento che è stato cambiato lo stemma, si sarebbe potuto optare per una composizione più evocativa e armoniosa, inserendo gli oggetti in un “capo”, che ricordasse l’arme di Bobbio, nella cui territorialità è il monastero di San Colombano.
La “pianura”, la porzione inferiore dello scudo, descritta nel decreto presidenziale con le parole “di verdeggiante” (sic!), mi sembra tutto fuorché di smalto verde. Doveva essere erbosa? Al naturale? No so. Né il decreto né il bozzetto ufficiale riescono a risolvere la questione.
Un peccato perché lo stemma meritava molto di più e non poteva di certo essere ridotto a un semplice scudo sannitico, privandolo del significato e della ricchezza simbolica che avrebbe potuto conservare.
In definitiva, lo stemma di Varzi avrebbe meritato maggiore attenzione e cura. Con un progetto più ambizioso, osando di più alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, con un dialogo più serrato contro i “consigli istituzionali”, indicati nel Regio decreto del 1943 e nel Tuel del 2011, che stravolgono uno stemma e che con aggiustamenti peculiari, si sarebbe ottentuo un emblema unico e rappresentativo della storia e dell’identiva di questo splendido borgo.
Varzi non è San Remo…, e il suo stemma avrebbe dovuto riflettere la sua unicità.